Venerdi 1 marzo, alle ore 21.00, presso l’acquario Bistrot, verrà proiettato il film Baraka (1992) di Ron Fricke, secondo appuntamento della rassegna cinematografica “Con gli occhi della meraviglia: un viaggio sensoriale nel cinema di Ron Fricke”, a cura di Falso Movimento.
6 continenti, 24 paesi, 14 mesi di riprese rigorosamente in 70 millimetri per un viaggio spettacolare dalle sonorità e ritmi mistici che svela la bellezza e la distruzione della natura e del mondo umano. E’ così che vengono presentati sullo schermo bellissime sequenza che ritraggono tribù dell’Amazzonia non contaminate dalla civiltà progredita, le affollate metropoli che non dormono mai, i luoghi di culto delle maggiori confessioni religiosi, le fabbriche dimenticate nei paesi in via di sviluppo, le montagne innevate dell’Himalaya e i deserti aridi, teatri di guerre e desolazione.
Baraka, frequentemente tradotto con Benedizione. Forse Ron Fricke ha tentato di cercare il significato di tale parola attraverso l’occhio meccanico della macchina da presa, una lente impura e umana, una lente con cui catturare lo spirito di una Terra che ribolle di incomprensibili dissonanze. Dissonanze e infezioni che gli esseri umani hanno innestato tra le radici degli alberi e tra le nuvole che si assiepano sopra le teste degli animali che fuggono le macchine, e di esseri umani che ricercano, come il regista, ancora oggi la benedizione del pianeta, attraverso proprie radici culturali, mantenendo attivi collegamenti spirituali con un passato congelato in una crisalide, mantra continui che si tramutano in movimenti ripetitivi, preghiere al dio macchina della produzione e alla catena di montaggio. Fricke non narra niente, come è puro ciò che incide sulla pellicola, nonostante l’innesto umano, puro è il suo modo di farlo, attraverso il solo non-racconto e le immagini scevre di narrazione, di trama, si affida solo alla magia del montaggio e di un cinema che guarda alle origini e alla magia di un silenzio che oggi, e nel 1992 anno di uscita del “film”, manca in maniera quasi totale, lasciando spazio solo ad un commento musicale originale a cura di Michael Stearns e brani di Dead Can Dance, L. Subramaniam, Ciro Hurtado, Inkuyo, David Hykes.