ACRI (CS) – A generare il panico nella popolazione non è solo la dimensione sanitaria del Coronavirus ma anche quella immateriale del contagio che avviene attraverso fake news, disinformazione e incoerenza delle dichiarazioni delle autorità. L’individuazione del problema di un contagio mediatico è il primo esito della ricerca “La pandemia immateriale. Gli effetti del Covid-19 tra social asintomatici e comunicazione istituzionale”, condotta dal 1 febbraio al 10 aprile 2020 da parte di Luigi Giungato, ricercatore della Società Italiana di Intelligence (SOCINT). La ricerca è disponibile sul sito socint.org ed è stata coordinata dal presidente della SOCINT Mario Caligiuri, Direttore del Laboratorio sull’Intelligence dell’Università della Calabria, che ha collaborato all’iniziativa. Attraverso gli strumenti della sentiment analysis applicata ai media, nello studio è stata analizzata la dnarrazione mediatica del fenomeno Coronavirus nel nostro Paese, per individuare sia la dimensione immateriale del contagio, sia i suoi effetti sull’opinione pubblica.
Il risultato che si evince è quello di un’emergenza e di una psicosi subìta da parte della popolazione italiana, al contrario di altre comunità nazionali in cui è stata la società civile a dettare le azioni delle autorità, come nei casi rilevati di Gran Bretagna, Spagna, Svizzera e Belgio. Attraverso Google Trends, Buzzsumo e Brand24, si sono elaborati i grafici riguardanti i trend di interesse del pubblico e dei news media nei riguardi del termine Coronavirus. Questi dati sono stati poi confrontati con quelli di altri Paesi, rilevando che l’Italia ha avuto un ruolo trainante nella narrazione dell’emergenza globale e che la percezione nazionale è stata prevalentemente determinata dalle decisioni e dalle dichiarazioni delle istituzioni pubbliche. Peraltro tali dichiarazioni, non sempre coerenti fra di loro, hanno influito non solo sulla percezione del rischio, quanto sulla narrazione della paura. Infatti, fino alla dichiarazione dello stato di emergenza della Lombardia il 20 febbraio, le attenzioni del pubblico relegavano il Covid-19 solo ai margini delle priorità. Da allora la pandemia è entrata prepotentemente a fare parte dell’agenda collettiva italiana, influenzando anche quella internazionale. Dalla ricerca si è però rilevato anche che la prima tendenza da parte del pubblico italiano sia stata quella di sottovalutare il rischio.
È dalla successiva conferenza stampa del 27 febbraio del Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, che si presentò in mascherina dichiarando di volersi autonomamente sottoporre a quarantena, che si sono moltiplicate le dichiarazioni delle autorità, politiche e sanitarie, veicolate dai mass media. Tali dichiarazioni hanno potentemente condizionato la percezione collettiva, fino a determinare uno shock comunicativo che ha modificato bruscamente in maniera drammatica la narrazione della malattia. In altri Paesi, al contrario, sono state determinanti le pressioni della società civile, diffuse attraverso i social, a dettare le agende dei media e, di conseguenza, le azioni di Governi, che all’inizio il più delle volte erano piuttosto scettici. Inoltre si è rilevato che in questo periodo in cui il distanziamento sociale imposto dall’autorità ha reso la popolazione più dipendente che mai da computer, smartphone e tv, la percezione della realtà che ci circonda si sta basando esclusivamente sui mezzi di informazione di massa e interpersonali, tra i quali emerge il ruolo non facilmente misurabile ma influentissimo di WhatsApp, all’analisi del quale è dedicata una parte cospicua della ricerca. Infatti, nella città virtuale in cui la maggior parte della popolazione è costretta a vivere, la disinformazione si propaga con la stessa aggressività del virus biologico, attraverso la condivisione collettiva di narrazioni frammentate e incoerenti, il più delle volte false e molto spesso all’insaputa di chi le trasmette. Tutto ció determina il manifestarsi di uno stato di ansia permanente, alimentando un panico diffuso che limita una più serena valutazione della realtà. Queste caratteristiche manipolatorie della società dell’informazione, utilizzate da tutti i Governi, determinano, nello stesso tempo, pulsioni alla censura e al controllo.
Una sfida alla democrazia che genera timori e pone interrogativi, al fine direndere consapevoli i cittadini sul rischio della sorveglianza di massa e a comprendere i meccanismi del contagio mediatico. Questi temi vengono costantemente monitorati attraverso la ricerca, che continua così come l’infezione sanitaria di Covid-19, con l’obbiettivo di contribuire a fronteggiare culturalmente il virus per salvaguardare i diritti alla salute e alla libertà dei cittadini.
Per informazioni:
Mario Caligiuri: mario.caligiuri@unical.it –
Luigi Giungato: lgiungato@gmail.com