Cosenza: la Commissione comunale cultura ricorda l’eccidio delle foibe con lo storico Spartaco Pupo

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Riflettere e mantenere accesa la memoria sull’eccidio delle foibe e sull’esodo degli italiani d’Istria, di Fiume e della Dalmazia, una pagina dolorosissima e drammatica della storia del nostro Paese, per lungo tempo rimossa e dimenticata. Nel giorno del ricordo, che, dalla sua istituzione ufficiale nel 2004 ad opera del Parlamento italiano, si celebra il 10 febbraio, a Palazzo dei Bruzi, ad iniziativa della commissione cultura presieduta dal consigliere comunale Mimmo Frammartino, è stata ospitata una riflessione dello storico delle foibe Spartaco Pupo, professore associato di storia delle dottrine politiche all’Università della Calabria e vero e proprio cultore della materia.

Pupo ha riconosciuto i passi avanti che sono stati compiuti dal punto di vista storiografico e della ricerca scientifica, dando conto però anche degli atteggiamenti talvolta negazionistici o riduzionistici di chi arriva persino a negare l’eccidio delle foibe o a giustificarlo anche dal punto di vista morale, non solo politico.

“Con questo genere di iniziative – ha detto Spartaco Pupo – c’è bisogno di recuperare il senso vero dell’istituzione del giorno del ricordo, e cioè la trasmissione della memoria e del ricordo stesso alle nuove generazioni. Al ricordo dell’infoibamento, dei rastrellamenti e delle esecuzioni nelle cavità rocciose create dalla erosione dei fiumi dell’altopiano del Carso, la zona montuosa che sta tra Trieste, il Montenegro e la penisola dell’Istria, assoggettata sin dal ‘700 all’autonomismo politico, va aggiunto anche e soprattutto il ricordo dell’esodo e la memoria ferita di chi ha dovuto, per necessità, lasciare la propria patria. Una verità non rivelata per molti anni”.

Per il Presidente della Commissione cultura, Mimmo Frammartino, “come per l’Olocausto anche questa pagina di storia che riguarda le foibe è una pagina che non va dimenticata. Per molti anni il Paese l’ha invece volutamente messa da parte”. Puntuale la ricostruzione degli accadimenti da parte del docente dell’Università della Calabria  Spartaco Pupo considerato tra i più bravi intellettuali nel nostro territorio, “ed una delle eccellenze – sottolinea Frammartino – alle quali guardare con interesse ed a cui tributare il giusto riconoscimento”.

Sin dal ‘700 Trieste, Pola e Fiume erano città che gli italiani consideravano isole in un mare slavo, ma che si contraddistinguevano per il pluralismo e per il fatto di essere città multietniche. Poi iniziò l’opera di nazionalizzazione da parte dei governi nazionali del Regno d’Italia.  Dopo la prima guerra mondiale l’Italia è tra le potenze vincitrici, anche se di una vittoria mutilata, ottenendo l’annessione  del Friuli Venezia Giulia. Siamo nel 1918 e quella zona diventa totalmente italiana. Il fascismo, successivamente, accelera il processo di nazionalizzazione. Altro è quello che arriva dopo, nel secondo dopoguerra, con la Jugoslavia potenza vincitrice che appartiene al blocco sovietico. L’Italia è  sconfitta dalla guerra e quella zona viene annessa, tranne Trieste e Gorizia, alla Jugoslavia. E Fiume, la Dalmazia, l’Istria e le città italiane che per 25 anni erano state assoggettate alla nazionalizzazione diventano sovietiche. Iniziano le stragi. Protagonisti dell’eccidio delle foibe sono i quadri del partito comunista jugoslavo, la polizia segreta e lo Stato capeggiato dal maresciallo Tito. Dall’altra parte, le vittime, sono, nell’espressione utilizzata all’epoca, “i nemici del popolo”. Non solo quelli che dissentono nei confronti della nuova espansione. ma anche chi non si mobilitava per la rivoluzione bolscevica, per la dittatura del proletariato comunista, per la collettivizzazione delle ricchezze. Le fasi più tragiche sono dopo l’8 settembre del 1944 , a guerra finita, e nella primavera del ’45. Le cifre riferiscono di 1700 foibe in tutto il Carso e almeno 12 mila morti, tra infoibati e scomparsi. Non mancarono anche i campi di concentramento. Tra i passi in avanti compiuti Pupo ricorda la risoluzione del Parlamento Europeo del settembre 2019 che finalmente ha equiparato il comunismo al nazismo. “Non ci sono crimini contro l’umanità di serie A e di serie B, ma con il voto a favore della sinistra italiana venne votata questa risoluzione che per la prima volta nella storia va nella direzione di una memoria condivisa europea, di una equiparazione del totalitarismo nazista  al totalitarismo comunista”. L’auspicio per Pupo è che, prima o poi, da questa memoria condivisa scaturisca una vera e  seria pacificazione nazionale. Un punto sul quale ha concordato anche il consigliere e capogruppo del PD in Consiglio comunale Francesco Alimena. “Quando si parla di identità nazionale concordo che dobbiamo in qualche modo pacificarci”. Dalla consigliera Bianca Rende è poi venuta la sottolineatura secondo la quale “la condanna per l’eccidio e la persecuzione degli esodati in realtà ci accomuna tutti, perché quel che va condannato è ogni forma di totalitarismo, che è sbagliato da qualunque parte provenga”. Al bando dunque ogni visione  concorrenziale tra Shoah e ricordo delle foibe.

Nella discussione sono, infine, intervenuti anche i consiglieri Francesco Cito, tra i fautori dell’iniziativa della Commissione cultura e Gianfranco Tinto. L’iniziativa si è conclusa con un minuto di raccoglimento dedicato alle vittime delle foibe.

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