‘Di donne e altre onde’. Un libro che si fa leggere, tra amore e dipendenza

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Era già accaduto. All’incirca due mesi fa, in un freddo e soleggiato pomeriggio lametino, una giovane scrittrice aveva incantato i suoi lettori mantenendo quel patto non scritto denso di responsabilità e ok-4-cover-225x300aspettative di cui sempre si carica il rapporto tra chi un’opera l’ha generata e chi l’ha accolta. L’opera era un intenso romanzo uscito per i tipi della Talos Editrice, piccola e giovane realtà editoriale del cosentino. Dal suggestivo titolo ‘Di donne e altre onde’, il libro di Roberta Lagoteta, che ne è anche editrice, è tornato a far parlare di sé a Lamezia Terme, dove si è nuovamente aperto ai suoi lettori proprio in occasione degli eventi organizzati per il Maggio dei Libri. La sala affrescata di Palazzo Nicotera si è trasformata nello scenario d’eccellenza per la messa in scena di un’opera giovane, forte e dalla costruzione solida quanto ricercata.
Condotto dalla professoressa Luciamaria Mercuri, docente di Filosofia e Storia, il dibattito coi lettori si è avvalso della presenza di Giuseppe Gigliotti, presidente dell’associazione culturale Italia Nostra, impegnato nella tutela e promozione dei Beni Culturali sul territorio, e dell’editore Osvaldo Tartaro.

 

L’occasione è stata quindi propizia a un confronto attivo e partecipe, permettendo a quanti hanno avuto modo di assaporare il frutto della ricca narrazione della Lagoteta di ripercorrerne insieme all’autrice i temi, individuandone particolarità, sciogliendone i nodi e scandagliando quelle giacenze che un romanzo del genere si trascina inevitabilmente dietro.
Di ritorno dal XXVIII Salone del Libro di Torino e da un tour di presentazioni itineranti che 11263730_10205696349040053_1502978557_n(1)    l’hanno vista protagonista in diversi circuiti culturali della penisola, Roberta Lagoteta ha scoperto nel libro, più precisamente nel suo libro, una bomba sganciata. “Me ne rendo conto ad ogni presentazione, con una consapevolezza che cresce di volta in volta. I riscontri sono sempre più pregnanti e intensi che mi fanno riflettere su aspetti del libro che magari non avevo considerato o erano rimasti a livello inconscio. Ogni presentazione ha a11263730_10205696349040053_1502978557_nvuto la sua particolare bellezza. Ne ho fatte un paio a Roma e ad Acilia, in contesti molto particolari: uno era un vecchio palazzo dell’Inps occupato da ragazzi che hanno dato vita a un circolo culturale, poi presso un altro circolo letterario e infine in un più classico caffè letterario. Ho presentato al Caffè San Marco di Trieste, il caffè frequentato da Claudio Magris11272018_10205696349560066_417847793_n, e infine al Salone nel libro di Torino dove mi sono sentita per un attimo al centro del mondo letterario! È stato entusiasmante, però non emozionante. Rimango provinciale, nel senso che mi emoziona molto più presentare il mio libro davanti alle persone che mi hanno accompagnato nei miei percorsi vitali. È la prova d’aver lasciato qualcosa. Anche il fatto di presentare con una mia professoressa delle superiori che, prima della presentazione, vedevo affaccendata con i segnalibro! Tanto affaccendata! È stato un momento pieno di tenerezza”.
Album di vicende comuni che s’incastrano tra loro, ‘Di donne e altre onde’ è una storia sorretta da un perpetuato rapporto di dipendenza, se non addirittura di co-dipendenza e non solo da cibo o da droghe, quanto anche dalla propria immagine e dai rapporti interpersonali. Le protagoniste, tutte donne più o meno giovani, più o meno disilluse, più o meno vittime e più o meno vittoriose, non sono delle sconfitte o delle vinte, bensì persone che hanno optato per una scelta ponderata: quella di stare ai margini in una sorta di continua condizione da borderline. Nel romanzo la Lagoteta parla quindi di una dipendenza che ha caratterizzato in maniera pregnante la gioventù degli anni Novanta. Si è trattato, a suo dire, non solo di un fenomeno legato “a sostanze psicotrope e alcol, cibo o sesso, ma anche di dipendenze sentimentali e affettive spesso intergenerazionali11350256_10205696349440063_1669101724_n. Parlo, in sostanza, di ragazzi degli anni Novanta che non sono autonomi e dipendono dalle cure genitoriali, di genitori che a loro volta dipendono da quelle dei figli. È una generazione poco autonoma perché probabilmente poco libera. Una generazione che è quella delle boy band, dei centri commerciali e del boom consumistico. Sono stata quasi catapultata nella dimensione della dipendenza anche in seguito a una discussione che ebbi qualche anno fa con un mio amico disabile. Mi fece riflettere su quanto per lui fosse legittimo e positivo dipendere da qualcuno. In sostanza, ho capito che non vi è nulla di negativo in determinate dipendenze. Mi sono quindi interrogata su quanto una persona che fosse dipendente da droghe o cibo potesse concepire la propria dipendenza più o meno lecita. Da qui è nata anche un’idea di dipendenza come attaccamento alla vita”.
L’autrice, raccogliendo a margine dell’incontro il plauso dei lettori che hanno testimoniato un vivo apprezzamento per il suo meticoloso lavoro di scrittura quale un mezzo espressivo di un’interiorità complessa e ancora da esplorare, si è 11355493_10205696349160056_201151927_npoi soffermata su un concetto rilevante emerso nel corso del dialogo-confronto con la professoressa Mercuri, ossia la questione della scelte di lettura. Come scegliere un libro? Quale consiglio una scrittrice, che è anche editrice, sente di poter dare ai lettori, soprattutto a quelli in erba? Roberta Lagoteta non ha esitato a tirar fuori dal cilindro magico la sua personale ricetta, quella che ha sperimentato su di sé e che auspica possa attecchire anche nei giovani lettori. Incentivata alla lettura fin dalla prima infanzia, la scrittrice si è detta per fortunata, anche perché convinta che l’approccio alla lettura non “debba avvenire per costrizione. È necessario invece stimolare la curiosità a partire dai primi anni di vita. Quella curiosità che poi porterà il ragazzo a entrare in libreria o in biblioteca a scegliere per sé un titolo che sente suo. Non ci sono libri giusti, forse i classici, ma non sempre si è pronti. Tutto è molto soggettivo. È questo il bello della libreria! È infatti l’unico negozio in cui non si trovano le commesse che ti vengono incontro per sapere come possono ‘esserti utili’!”.
E se la lettura è acqua che rigenera, questo romanzo (da leggere e rilegge, come ha consigliato l’editore Tartaro) concorre certamente ad alimentarne la sorgente.

Daniela Lucia

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