REGGIO CALABRIA – Grande successo ieri sera per la prima reggina de “I Promessi Sposi – Opera Moderna” di Michele Guardi e Pippo Flora. Fra i tanti, ecco dieci motivi per non perdersi questo spettacolo che vivrà sabato sera il suo grande finale:
- La storia la conosciamo tutti, ma non l’abbiamo mai “sentita” così bene! Il libretto scritto da Michele Guardì riprende i temi centrali del romanzo mettendo al centro le figure “epiche” di questa storia: non solo Renzo e Lucia, ma anche la madre di quest’ultima, Agnese, Don Abbondio, i bravi, Gertrude, Egidio, Fra Cristoforo, il cardinale Borromeo acquistano caratterizzazioni e connotati diversi.
- Un cast d’eccezione per uno spettacolo magnifico e coinvolgente per raccontare il capolavoro manzoniano anche alle nuove generazioni, una grande Opera musicale che riprende la tradizione del bel canto italiano in chiave moderna, rendendo “leggera” una storia che è entrata nell’immaginario collettivo del nostro paese. L’amore puro e casto dei due protagonisti, ostacolato dalla passione folle di Don Rodrigo, e intrecciato alle umane miserie di Don Abbondio e Fra’ Cristoforo, ai tormenti dell’infanzia negata della monaca di Monza (“una bimba mai stata bambina”), alla conversione dell’Innominato che non era poi così cattivo, in fondo.
- Le musiche e gli arrangiamenti di Pippo Flora, con la consulenza di Sergio Cammariere, incorniciano la “Storia” dei due innamorati. Di fronte alle avversità Renzo e Lucia cantano “Non può finire così l’amore mio, sei tutte le parole, ma solo questa basta: amore”, avvicinandoci alla semplicità e genuinità dei loro sentimenti, forse siamo un po’ tutti più giovani e innamorati. Le loro voci si fondono nel duetto “Ti ho cercato, ti ho trovato”.
- Perché un Don Rodrigo così appassionato non lo avevamo mai visto; Gio Di Tonno ha dato una sferzata di energia al personaggio, mai fino in fondo tratteggiato da Manzoni. Il suo signorotto che canta “era un gioco, scommessa, non so… è diventata passione, non confesso nemmeno a me stesso, è un’assurda ossessione” ci ricorda che cosa vuol dire perdere la testa per una persona, fino a superare ogni limite. “Che cos’è questo fuoco” è certamente l’aria più coinvolgente e ricca di pathos di questa opera moderna.
- Noemi Smorra, alias Lucia, canta praticamente dall’inizio alla fine dello spettacolo: duetta con il suo Renzo (il buon tenore dalla voce calda e pulita Graziano Galatone), ma anche con Don Rodrigo, e le sue preghiere redimono l’Innominato. Il miracolo è che sia sopravvissuta a questa maratona, epica, non “spegnendosi” mai.
- I cori e le corografie del corpo di ballo, curate da Luciano Cannito si sposano perfettamente con il racconto manzoniano: la disperazione del popolo sotto gli spagnoli. La rivolta del pane e la peste vengono trasposti efficacemente. Fortemente emotiva la scena che ha per protagonista la Madre di Cecilia che straziata dal dolore piange la morte della figlioletta a causa della peste, commuovendo l’intero Palacalafiore, che le tributa grandi applausi. Una menzione meritano anche le maestose e realistiche scenografie di Luciano Ricceri.
- Perché “I promessi sposi – Opera moderna” sono anche “calabresi”, grazie alla collaborazione di Sergio Cammariere (consulenze musicali) e del maestro orafo crotonese Gerardo Sacco che ha curato i gioielli di scena. Inoltre, tra il cast spicca un reggino doc, Lorenzo Praticò, esperto schermidore, nei panni di Griso, il capo dei Bravi, il sottoposto che si prende il lusso di deridere il suo signore approfittando della sua prossima fine.
- Il “Maestro” Vittorio Matteucci. Il cantattore livornese, un vero veterano dei musical moderni italiani, è come sempre impeccabile ed espressivo. Solito ad interpretare personaggi “cattivi”, Matteucci ci restituisce una conversione dell’Innominato che è uno spettacolo nello spettacolo. Il suo duetto con il cardinale Borromeo (Christian Gravina) modifica i destini dei protagonisti. La trasposizione del pentimento di uno dei personaggi più cattivi della storia della letteratura lascia il segno nell’intero sviluppo dell’Opera e nei cuori degli spettatori, a giudicare dai grandi applausi tributati al termine della loro interpretazione.
- Rosalia Misseri è Gertrude, la monaca di Monza. La sua voce potente, che intona “questo saio questo mio vestito io non l’ho voluto, questa croce che mi hai messo addosso, questo peso non è mio…”, descrive perfettamente i patimenti di chi vive una vita non sua. Nel momento in cui canta “Amore che” con il suo amante e innamorato Egidio e con Renzo e Lucia, la sua voce sovrasta le altre, perché il vero personaggio sconfitto, per il quale in questa storia non c’è né perdono né redenzione, è proprio lei.
- Perché in fondo non ce lo ricordavamo così bello il romanzo di Manzoni, croce e delizia degli studenti italiani. Speriamo che i tanti giovani e il numeroso pubblico (previsti 15.000 spettatori complessivi) che in questa splendida tre giorni parteciperanno alle repliche dello spettacolo apprezzino il grande lavoro svolto da tutta la compagnia.
Roberta Parisi – Andreina Morrone