Donna Sapiens, Ferro:”La ricerca dell’armonia tra le diversità sia la strada su cui costruire un futuro di pacifica convivenza”

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CATANZARO – Di seguito la sintesi dell’intervento del Commissario straordinario della Provincia di Catanzaro, Wanda Ferro, che ha preso parte questa mattina all’incontro “Donna Sapiens – la figura femminile nell’Ebraismo”, tenuto al Museo Storico Militare – Musmi di Catanzaro,  nell’ambito delle iniziative in occasione della Giornata europea della Cultura Ebraica. L’iniziativa ha preso il via con la “Mostra di immagini di donne nella Torah e in Israele: la nascita della cultura contemporanea al femminile”, a cura del referente della Comunità ebraica dott. Roque Pugliese, che ha introdotto la conferenza alla quale hanno preso parte, oltre al commissario della Provincia Wanda Ferro, la conservatrice di beni culturali Alessandra Carelli, la sceneggiatrice Annabella Cerliani, e la scrittrice Giulia Mafai, autrice dei libri “Donne nella storia, Antonietta Raphael Mafai” e “La ragazza con il violino”, di cui si è discusso nel corso dell’incontro.

“Sono onorata di essere stata chiamata ad intervenire a questo importantissimo evento, la 15ma Giornata Europea della Cultura Ebraica, che da domenica si sta celebrando in tutta Italia, ed in trenta paesi europei, con l’obiettivo di fare conoscere alla cittadinanza la straordinaria ricchezza costituita dalla storia e dalla sapienza Ebraica e dai segni che questa ha lasciato nella cultura, nel linguaggio, nell’architettura, nella musica, nella letteratura.   Il popolo ebraico, ha infatti contribuito a scrivere la storia d’Italia e d’Europa, ed è importante continuare a contrastare i persistenti luoghi comuni attraverso lo strumento più efficace e universale che possediamo: la cultura. Cultura e conoscenza rappresentano infatti lo strumento più utile e efficace per imparare a condurre una serena e stimolante convivenza in una società complessa e fatta di tante culture diverse, ma anche per contribuire a contrastare troppi pregiudizi ancora oggi esistenti. E’ appassionante il tema scelto per la giornata e che unisce le tantissime iniziative come quella odierna, e che riguarda la figura femminile nell’ebraismo: una tematica attuale, che si intreccia alla  cosiddetta questione “di genere”, cui l’esperienza ebraica può fornire interessanti spunti di riflessione. Sono stata invitata a portare il mio contributo, ma è del tutto evidente che io sono qui soprattutto con tantissima voglia di apprendere e di conoscere, dalle tante autorevoli personalità presenti, punti di vista originali e differenti, e riflessioni su una questione che non smette di avere una grandissima attualità: quello del ruolo della donna, in generale, nella nostra società.  La celebrazione della Giornata della Cultura Ebraica mi ha dato la preziosa occasione di approfondire la lettura di alcuni interessanti contributi e riflessioni sul ruolo della donna nel mondo ebraico.  Un ruolo chiave, poiché è la donna a trasmettere l’appartenenza per via matrilineare, garantendo continuità al popolo ebraico nel corso della storia.  La Tradizione ha sempre esaltato il ruolo della donna ebrea come pilastro della vita famigliare nella costruzione e nella trasmissione dell’identità ebraica. Nelle comunità ebraiche non c’è mai stato bisogno di imporre la parità di genere poiché nell’ebraismo è sempre esistita. Il Talmud dice: “La donna è uscita dalla costola dell’uomo, non dai piedi perché dovesse essere pestata, né dalla testa per essere superiore, ma dal fianco per essere uguale, un po’ più in basso del braccio per essere protetta e dal lato del cuore per essere amata”. La Tradizione riconosce lo specifico ruolo che la donna riveste all’interno della famiglia: una donna che non occupa un livello di importanza inferiore a quello dell’uomo, nonostante divergano le rispettive sfere di attività. Nell’ebraismo, infatti, la famiglia è considerata la base della vita sociale e la normativa tradizionale ne assicura e consolida il ruolo.  Nell’ebraismo la distinzione fra sfere diverse dell’esistenza, tra le diverse qualità, la fedeltà alla differenza dei ruoli, è considerata un valore, e non deve divenire un mezzo di esclusione o di discriminazione.  Senza dubbio anche nel mondo ebraico ci sono delle difficoltà con cui la donna si deve confrontare: innanzitutto quella relativa ad un ruolo familiare che spesso sta troppo stretto e non corrisponde alle qualità della donna. Un tema condiviso, come è evidente, da tantissime altre culture.  I doveri familiari non impediscono alla donna ebrea di impegnarsi nella società nei più svariati ruoli: dalla politica all’insegnamento, dalla scienza all’arte, dalla scrittura alla medicina.  Sono tantissimi gli esempi di donne ebree che, soprattutto in epoca moderna, hanno contribuito alla cultura e al progresso sociale e scientifico della società in cui hanno vissuto, dimostrando come l’opportunità di studiare e la libertà di esprimere il proprio pensiero servano alla crescita della civiltà.  La Giornata europea ci dà la preziosa opportunità di parlare di queste donne che hanno dimostrato di sapere mettere a frutto il proprio talento per  produrre cultura, arte, letteratura, scoperte mediche e scientifiche.  Oggi a Catanzaro abbiamo la presenza prestigiosa di Giulia Mafai, ma posso citare Rita Levi Montalcini, che ha avuto un particolare legame con la nostra città. E ancora scrittrici come Elsa Morante, poetesse come Amelia Rosselli, e tante altre ancora hanno dato alla  società un contributo costituito da uno straordinario connubio tra ebraicità e femminilità. Oggi abbiamo la possibilità di parlare di Antonietta Raphael Mafai, che Giulia Mafai ricorda come madre, ma anche come donna che, avendo avuto la possibilità di studiare, ha avuto la forza di dimostrare le sue capacità di grande artista, rappresentando in pieno le donne del suo tempo.  Queste donne, consapevoli della responsabilità del proprio particolare sguardo sul mondo, hanno voluto trasformando il proprio bagaglio di conoscenze e di creatività in un patrimonio comune per l’intera società.  Anche la testimonianza di queste donne ci ricorda quanto l’ebraismo sia stato protagonista nell’emancipazione della donna nella società.  Leggendo alcuni approfondimenti sul tema della donna nella cultura ebraica, ho ritrovato una interessante citazione di Kierkegaard, il quale scriveva che la donna “ha un talento straordinario di dare senso al finito”.
Un’espressione che riguarda la donna in generale, ma nella quale si riconosce quella funzione che nei secoli ha assunto la donna ebrea, di dare senso all’azione quotidiana, ai momenti più importanti della vita di tutti i giorni interpretata alla luce degli antichi insegnamenti morali e spirituali.  A partire dalle matriarche, nei testi sacri si trovano numerose figure femminili, accomunate da una grande umanità e dal ruolo essenziale e di riferimento che ricoprono nelle vicende del popolo ebraico. Donne che partecipano a decisioni importanti, e incidono nella sfera privata come in quella pubblica.   Madri e donne che fra sensibilità, sapienza e senso pratico, rappresentano bene anche la donna di oggi. Donne capaci di guardare, più degli uomini, più in là del proprio naso, e di leggere nei recessi più profondi dell’animo umano.  Così come già nella tradizione ebraica, sin dalla Bibbia, è contemplato un importante impegno femminile nella sfera pubblica, anche oggi le donne ebree ricoprono numerosi e prestigiosi ruoli nella società, sia in ambienti religiosi ortodossi che laici: medici e avvocati, leader politici e imprenditrici, ricercatrici e artiste, insegnanti ed educatrici, scrittrici e intellettuali.  Purtroppo in società prevalentemente patriarcali alle donne non è sempre stata concessa la possibilità di raggiungere tali posizioni, trovandosi più che altro sottomesse alla volontà del padre o del marito.  Ma, in generale, l’ebraismo assume sin dalle origini una “tendenza emancipatoria” in favore delle donne, favorendo l’accesso agli studi e al mondo del lavoro allo stesso modo che per l’uomo.  Donne che sono pronte alla sfida per il futuro, che possono destinare le loro energie ad una rivoluzione “senza né odio, né sangue” che metta a disposizione della società una particolare visione del sociale che deriva dalla quotidianità della famiglia, da una maggiore conoscenza dei problemi dei figli, dalla capacità di parlare un linguaggio chiaro ed al tempo stesso forte, per incidere in maniera sempre più intraprendente e costruttiva. La nostra società – dalla politica, alle istituzioni, alla cultura, al mondo dell’economia e delle professioni – ha bisogno di persone capaci di condividere i problemi, ha bisogno di sensibilità, ha bisogno del calore delle relazioni umane, di buon senso e di concretezza al servizio della cosa pubblica.  Ha bisogno quindi dell’impegno delle donne per ritrovare autorevolezza e arrestare quello che appare come un inesorabile processo di degrado. Non in un’ottica di contrapposizione, ma di sintesi tra sensibilità diverse.  Una sintesi alla quale ci richiama anche nel simbolo più importante dell’ebraismo, la Stella di Davide, che meravigliosamente unisce il cielo e la terra, il divino e l’umano, l’elemento femminile e quello maschile. Un simbolo che rappresenta l’unione e l’equilibrio tra tutti gli elementi esistenti.  La ricerca dell’armonia tra le diversità, che nasce dal dialogo, dalla conoscenza e dal rispetto, deve essere la strada su cui costruire un futuro di serenità e pace per l’intera famiglia umana, oggi sempre più messa a rischio dall’intolleranza, dalle discriminazioni, dalla violenza, da un istinto brutale di prevaricazione.   Io credo che la donna, custode di grandi valori, ma soprattutto portatrice di grandi capacità e di particolari sensibilità, debba essere protagonista della rinascita di una terra come la nostra che ha tanto bisogno di riscoprire ed affermare i valori di umanità, di giustizia e di solidarietà”.

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