“Per quanto gli uomini, raccogliendosi su un breve spazio in parecchie centinaia di migliaia, si sforzassero di snaturare quel tratto di terra su cui s’accalcavano; per quanto avessero ricacciato sotto le pietre la terra, affinché nulla ci crescesse sopra, e rinettassero qualsiasi erba ne spuntasse fuori, e affumicassero tutto di carbone e di petrolio, e mozzassero gli alberi, e allontanassero tutte le bestie e gli uccelli, la primavera era primavera anche in città”. Con queste parole Lev N. Tolstoj apre i battenti di ‘Resurrezione’, un breve quanto intenso romanzo in cui i protagonisti Dimitrij e Katjuša, Nechljudov e la Maslova, si alternano danzando un valzer esistenziale attraverso le stagioni, nel mezzo dei peccati e dei timori, rasentando il fondo della perdizione per poi risalire verso la luce della salvezza, verso una nuova Pasqua che rimane fino alla fine una lunga, quasi eterna, promessa.
L’arrivo della primavera, dunque, che caparbia e tenace spunta fuori facendosi largo tra gli aridi tentativi messi in atto dall’uomo per assopirla, coincide con un nuovo incontro e con la rinascita dei due protagonisti.
“Nell’amore fra uomo e donna c’è sempre un momento, in cui il loro amore arriva allo zenit; un momento in cui non v’è in esso nulla di consapevole, di riflessivo, e non v’è nulla di sensuale. Quella notte della Pasqua di Resurrezione era stata appunto, per Nechljudov, un momento simile”. Una notte sacra, quella della Resurrezione, una notte in cui lo splendore della pace rivela ogni suo mistero e s’innalza glorioso. Una notte in cui il peccato si allontana e le vesti linde dei cuori si presentano alla fonte battesimale come la prima volta in cui da essa furono accolte. Una notte, quella notte, in cui l’inverno rigido della costrizione cede il passo al sole cocente di una nuova stagione, più mite, meno oppressiva. Eppure lì, nel passaggio, si nasconde la chiave di lettura di un’intera esistenza. Ma questo il giovane Nechljudov non poteva saperlo. Tant’è che tutto già si scrisse quella notte, alla fioca luce dei ceri accesi.
Tuttavia una notte passa in fretta, vola come la passione e si distoglie come uno sguardo fugace, lasciandosi però dietro un’ombra capace di trasformare in infamia e vergogna quello che un tempo non troppo lontano era stato un sentimento quasi sacro. Cosa accade quando ci si abbassa alle gesta meschine degli uomini comuni? Quando la vergogna e il timore di sbagliare vengono sopraffatti dalla convinzione che bisogna “fare ciò che tutti fanno”? Accade che la purezza e il calore, poco prima accarezzati, si sgretolino tra le mani, alla stregua della natura sopraffatta dalla prepotenza del petrolio e del carbone e tutto ciò che era intonso si frantuma, perdendosi in attesa di una nuova Resurrezione. Succede così che due anime smarrite a causa degli inganni sociali, di quelle convenzioni che hanno tentato invano di opprimere la natura, si ritrovino. Tolstoj attinge a piene mani dalla propria esistenza, da ciò che ha vissuto e al quale ha assistito, per regalare ai suoi lettori una Pasqua che ha tutto il sapore del ritorno della vita, dell’innocenza, di quel sacrificio ispirato non dall’egoismo, bensì dall’amore. Il breve romanzo è una profonda ammonizione contro quei piaceri e quei desideri primordiali che distolgono dal cammino di Resurrezione che ciascun uomo è chiamato ad affrontare fin dal momento in cui per la prima volta vide la luce. La vicenda dei due protagonisti, inconsapevolmente legati a doppio filo l’uno all’altra, si inserisce in una galleria di caratteri e sfumature dove il peggior male dell’umanità è individuato nella burocrazia, un apparato pesante, incapace e privo di competenze, oltreché sordo ai bisogni degli innocenti. La grettezza delle opinioni, il continuo ‘lavarsi le mani’ innanzi alla sofferenza altrui, si scontra con la maturazione di Dimitrij e con l’insorgere di una nuova speranza in Katjuša.
“Gli uomini sono come i fiumi: l’acqua è in tutti una sola, e dappertutto è la stessa; ma ciascun fiume può essere ora stretto e rapido, ora largo e tranquillo, ora puro e freddo, ora torbido e tiepido. Così anche gli uomini. Ciascuno reca in sé i germi di tutte le tendenze umane, e a volte ne manifesta alcune, a volte altre, e spesso avviene che agisca come fosse tutt’altro da quello che è, pur restando sempre se stesso”. Se questi sono gli uomini, una possibilità è riconosciuta a ciascuno di essi: l’occasione di sbrigliarsi dalle catene che nulla hanno a che vedere con l’autenticità dei sentimenti. Poco male se alla fine dei giochi saremo davanti a strade che si separano, perché in realtà quella che ha tutti i numeri per esser considerata una divisione si rivelerà invece il legame inscindibile di un amore che si è trasformato in nuova vita, in libertà riscoperta… In una nuova Pasqua. “Da quella notte, ebbe inizio per Nechljudov una vita del tutto nuova, non tanto perché egli affrontasse nuove condizioni di vita, quanto perché tutto ciò che gli accadde da allora in poi, veniva ad assumere ai suoi occhi un significato del tutto diverso da prima. In che modo andrà a finire questo nuovo periodo della sua vita, lo dimostrerà l’avvenire”.
Buona lettura e Buona Pasqua!
Daniela Lucia