COSENZA – Il ruolo del genitore nell’era del digitale. Siamo pronti per educare i nostri figli e per offrire loro una guida che li aiuti a districarsi nel complesso mondo delle relazioni allacciate sui social? Prova a dare una risposta a queste domande il libro Generazione Tvb, edito dal Mulino, scritto a quattro mani da Anna Salvo, docente di psicologia dinamica all’Università della Calabria, e da Tiziana Iaquinta, insegnante di pedagogia generale e sociale all’Università Magna Graecia di Catanzaro. La scrittura, vivace e coinvolgente, si snoda lungo i tumultuosi binari della crescita adolescenziale, accompagnata dalla relazione con app e smartphone e dalla compulsiva esigenza della condivisione. Generazione Tvb è stato presentato dalle autrici a Cosenza, nell’ambito di una iniziativa organizzata dalla fondazione Premio Sila, introdotta da Gemma Cestari con la partecipazione di Viviana Andreotti e Francesca Faggiano. «Serpeggia tra gli adolescenti la necessità di una condivisione continua – dice Anna Salvo – così da determinare che i rapporti personali prendano una certa direzione. Ma il cambiamento deve comunque essere valutato con sguardo aperto: c’è un salto deciso rispetto alla generazione precedente, ma non mi sentirei di condannare necessariamente tutti gli aspetti dell’innovazione social». Poi la psicologa precisa: «In ogni caso gli adulti non devono abdicare al ruolo di guida e di vigilanza: non possiamo pretendere che ragazzi di 13-14 anni abbiano quella saggezza che mette nelle condizioni di cogliere il senso del limite da rispettare. Allora tocca ai genitori opporre qualche no». Tiziana Iaquinta aggiunge: «Il libro si rivolge ai genitori con l’intento preciso di far sorgere in loro degli interrogativi e quindi di alimentare una riflessione su questioni che riguardano i nostri ragazzi, spesso alle prese con una sessualità precoce non accompagnata da un’adeguata educazione sentimentale. La nostra società vive con un imperativo: non si invecchia mai. Il rischio è che anche il genitore rimanga intrappolato in un’eterna adolescenza tale da metterlo sullo stesso piano dei figli in un rapporto alla pari di amicizia non opportuna. Perché viene meno la credibilità e la funzione stessa del genitore come educatore».