COSENZA – Il countdown è quasi terminato e i Fukada Tree sono pronti, carichi per presentare il loro nuovo progetto. Domani, martedì 24 marzo, è il giorno x e verrà finalmente presentato il video ufficiale di “Blaze up di Fyah”, un brano che funge da denuncia sociale e tocca i temi caldi del razzismo e dell’immigrazione.
Tematiche non nuove per i Fukada Tree che, da sempre, affrontano questioni forti che sembrano superate ma che in realtà vengono celate, continuamente nascoste sotto un telo che nessuno vuole sollevare, chiuse a chiave dietro una porta a cui nessuno si avvicinerà mai per spiare dal buco della serratura. Tematiche imponenti dunque che vengono ignorate come quando si è stanchi di pulire e si sposta tutta la polvere sotto il tappeto così da dare una parvenza di pulito.
Ed è proprio quel tappeto lercio che i Fukada Tree vanno a scuotere fino a raccogliere tutta polvere. Rastrellano ciò che è rimasto e poi snocciolano, analizzano, metabolizzano e gettano le basi per quei testi sempre crudi, realistici ma mai banali. La carta, la penna e gli strumenti diventano così i mezzi per combattere una battaglia che per molti è già persa in partenza.
È proprio attraverso la musica che Stanislao Costabile (Spike), Marina Andrielli (Aram) e Francesco Spadafora (TheLord) danno voce a chi voce, purtroppo, non ha. Tre giovani cosentini, tre umili ragazzi che hanno fatto della musica la propria ragione di vita e che oggi ci parlano in anteprima del loro nuovo progetto.
La nostra prima intervista risale a quasi tre anni fa, avevate appena vinto il contest Change the Music organizzato dall’Edison. Quante cose sono cambiate da allora?
Durante i vari step del concorso avevamo in cantiere “Show, don’t tell” Ep. Probabilmente non aveva ancora un nome allora, ma è stato facile, dopo la vittoria, avere la giusta spinta per concretizzare il nuovo prodotto. Abbiamo ri-arrangiato alcuni tra i brani del precedente “Clementine” Ep, per prepararci a “Show don’t tell” tour, ed oggi, dopo un inverno trascorso muovendoci in Dj Set, a rimescolare le nostre tracce come in uso nel dub music, attraverso un viaggio sonoro dal nostro primo ep “Inna Dub Conversion” ad oggi, sono in cantiere nuove evoluzioni del progetto. Per fortuna, siamo “under work in progress” costante.
La meritata vittoria del contest quante porte vi ha aperto e quante esperienze nuove vi ha permesso di fare?
Prima tra tutte il Live al Garage di Londra. Probabilmente è stata la seconda soddisfazione più grande mai ricevuta. Ci siamo messi in gioco, abbiamo suonato nella patria del nostro genere, ma da “sconosciuti” in loco. Eravamo entusiasti e carichissimi. E siamo riusciti a contagiare il pubblico inglese con nostra grande soddisfazione. Dopo l’uscita di “Show’ don’t tell” Ep, il conseguente tour ci ha permesso di esibirci su molti palchi italiani, tra cui sui main stage del “Maremoto Festival” ( AP) con Almamegretta, e del “Villa Ada Festival (RM) con Almamegretta ed Adrian Sherwood, uno dei padri della dub music britannica. Direi che sono stati anni molto proliferi e di crescita assoluta.
Oggi siamo comunque qui per parlare di un nuovo importante progetto. Si tratta del video del brano “Blaze up di Fyah”, quando uscirà e dove è stato girato?
Uscirà il 24 Marzo. E’ stato girato a Cosenza, la nostra città natia, nello studio del regista Pierpaolo Perri.
Realizzare un video che sappia esprimere in toto il contenuto profondo di un testo non è semplice. Chi vi ha aiutato/supportato nella realizzazione?
E’ stato molto molto difficile per noi pensare a cosa potesse dare giusto equilibrio. Non ci piaceva tornare su un video report, già scelto per “Show, don’t Tell” , che ripropone il live e le immagini di Londra. Avevamo chiaro cosa non volevamo. E’ stata essenziale la parte di Pierpaolo Perri, il regista, che è riuscito ad interpretare stilisticamente e concretizzare l’idea di partenza.
Il brano “Blaze up di Fyah” (cliccando qui potrete ascoltarlo) è in realtà un brano di denuncia sociale, parla infatti di immigrazione e razzismo. Volete raccontarci cosa o chi vi ha ispirato?
Si, è un brano che parla di immigrazione, di razzismo, di cose che sembrano largamente superate nell’immaginario collettivo ma che restano una piaga sotto forma di pregiudizio celato dal finto perbenismo. Lo scrissi durante i fatti di Rosarno (RC). La rivolta degli immigrati di Rosarno, nel non molto lontano 2010, resta un grande atto di coraggio contro regole di sfruttamento imposto dalla mafia, e da cui abbiamo voluto prender spunto per dire la nostra, senza sentirci paladini di nessuno, con umiltà, ma anche senza mezzi termini. Quell’evento che sembra lontano, può aprire un dibattito su quello che l’Italia vive tutt’oggi. Scene di ordinario razzismo a Lampedusa, stragi, omissioni, ma probabilmente, nulla di così importante da poter interferire con la normale programmazione dei canali TV, o che possa permettere una espulsione di Salvini per violazione del diritto alla non- discriminazione dei diritti umani. Il nostro è un paese in cui si decanta la pace e il no ad ogni forma di prevaricazione. I fatti dicono il contrario. Abbiamo voluto chiarire il nostro pensiero in modo aperto, chiaro e assoluto, lasciando poco spazio all’interpretazione, allontanandoci dai corrotti ed avvicinandoci agli italiani.
Le tematiche sociali vi hanno sempre toccato da vicino. “Blaze up di Fyah“ non è il primo brano che funge da mezzo per un’accorata denuncia sociale ma è stato anticipato da “Clementine”, un altro profondo brano che tratta il tema della prostituzione.
“La musica non è un’arte fine a se stessa, ma un attivo strumento di comunicazione e rivoluzione”. Il nostro motto.
La musica è da voi vista come un mezzo per dare voce a chi voce non ha. Quali altre tematiche, secondo voi, meriterebbero di essere trattate e invece vengono costantemente bypassate?
La discriminazione delle donne, nel mondo. Come scriveva una nostra cara amica, nelle Bahamas, in India, in Palestina e a Singapore, chi è sposato è autorizzato a violentare la propria moglie; a Malta agli uomini è consentito rapire e violentare le donne; in Pakistan durante i processi civili, la testimonianza di una donna conta meno di quella di un uomo, e nella nostra Italia se ti stuprano è ancora colpa tua se camminavi con minigonna e tacchi dopo la mezzanotte. Ecco, credo sia importante parlarne di più.
Quanto della Calabria c’è nei vostri testi e nelle vostre sonorità?
Nelle sonorità ben poco ma nei contenuti molto. Come vedi Blaze Up di Fyah nasce da fatti avvenuti nella nostra terra. Amiamo la nostra terra, ed è impossibile non farne oggetto d’ispirazione nel bene e nel male.
La Calabria è una terra bellissima quanto difficile. Voi siete giovanissimi e con grande determinazione state riuscendo a trasformare una passione in un vero e proprio lavoro. Ma quanto è difficile fare e vivere di musica nella nostra terra?
Abbiamo fatto tre live in Calabria di cui solo uno nella nostra città in 5 anni di attività. Direi abbastanza difficile. Non ci poniamo limiti geografici nella vita, né nella gestione del progetto; Andiamo e andremo dove la nostra musica ci porterà.
Annabella Muraca