I monologhi della vagina al Teatro dell’Acquario

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COSENZA – Una sala buia illuminata da un solo faro, al centro della scena un cumulo di vestiti, foulard, scarpe, veli dal quale all’improvviso sbuca un volto dal sorriso trionfante che urla orgogliosamente fica.
Così inizia lo spettacolo che si è tenuto ieri sera al Teatro dell’Acquario “I monologhi della vagina” ovvero “U RUCCULU du PICCIUNI”, tratto e tradotto dalla pièces omonima della drammaturga, poetessa, sceneggiatrice e regista statunitense Eve Ensler. Adattamento dialettale dalle varianti in puro cosentino, interpretato da un’intensa Carla Serino con la regia di Dora Ricca che, dopo la sua prima esperienza con Libere di Cristina Comencini, ritorna a dirigere uno spettacolo per adulti.

Un monologo che diventa un coro di molte voci, eversivo, provocatorio, divertente ma anche tragico e visceralmente brutale intermezzato da vivaci momenti musicali sui quali l’interprete si veste e si sveste dei suoi abiti dando sfogo al corpo che si svincola da ogni costrizione per liberarsi in un movimento epifanico.
La sola protagonista è la vagina, un inno all’anatomia femminile che si ribella alla sua condizione storico culturale, quella che la vuole muta e invisibile perché la sola parola desta l’imbarazzo collettivo, per andare incontro alle donne dando voce ai loro bisogni più profondi.
I monologhi hanno un unico tema portante che è quello della femminilità trattata sotto tutti i suoi diversi aspetti, il parto, le mestruazioni, l’orgasmo, il cancro, la violenza.

Sono infiniti gli stati d’animo che si susseguono tra un monologo e un altro ma comunque concordanti nell’antitesi dalla quale prendono forma, umorismo e rabbia si fondono, trasformando la sofferenza nella speranza che una società basata sul rispetto senza prepotenze e abusi sia possibile.
Impone ad urlare perché l’emancipazione femminile, quella vera, passa attraverso la rottura del silenzio, spinge ad indignarsi davanti a ogni forma di violenza, esorta a liberarsi da ogni repressione sessuale per superare quella visione ancora troppo ipocritamente oscena del piacere.

Il teatro ieri sera era quasi pieno, molte le donne di ogni età, pochi forse troppo pochi gli uomini presenti, in realtà proprio loro dovrebbero vederlo per imparare a capire come ascoltare le donne, come rispettarle ma soprattutto per imparare a coltivare un po’  l’empatia che è la sola capace di infrangersi sulla prossimità della violenza.
Al teatro dell’Acquario questo pomeriggio alle 18,00 è prevista una replica dello spettacolo, chiunque lo abbia perso ieri sera ha dunque la possibilità di rimediare.
E’ forte come calcio in faccia, è una folata di vento che alza la polvere su una delle ferite più dolorose dei nostri tempi ma ne vale la pena, perché le parole delle donne quelle che intrecciano cruda realtà e sogno, dramma e poesia sono capaci di dispiegare un coraggio assoluto che ci rende tutte più orgogliose e forti.

Gaia Santolla

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