LAMEZIA TERME (CZ) – «Non esistono idee astratte, ma idee figlie dell’esperienza». Con queste parole, pronunciate dal professor Antonio Bagnato, inizia la presentazione del libro del preside e professore Giovanni Martello su “Francesco Fiorentino 1834-1884 formazione e scritti giovanili. Interpretazioni storiografiche” presso sala “Giuseppe Perri” di palazzo Nicotera di Lamezia. L’iniziativa, che rientra nella rassegna Il Maggio dei Libri promossa dal Comune di Lamezia ha così voluto mettere in luce quanto scritto da Martello sul filosofo calabrese “portato più in auge a Napoli, che a Lamezia ed in Calabria”. Sambiasino, Fiorentino, figlio di proprietari terreni, educazione fortemente religiosa, sviluppò inizialmente la passione per la poesia, poi abbandonata «non poteva essere un secondo Leopardi e, quindi, – precisa il professor Martello – abbandonò la carriera poetica» così come quella giuridica dopo la laurea ed una breve carriera forense. Uomo erudito ma non saccente, schierato contro la politica (ed i politici), che rimane ripiegata su se stessa «l’Italia – diceva Fiorentino, così come ricorda nel suo discorrere il professor Martello – è governata da persone che non capiscono nulla”, strenuo difensore della monarchia che gli valse uno scontro con l’amico Carducci, che era un repubblicano. Quel che emerge fuori dall’incontro sul libro a palazzo Nicotera è una rilettura e, per molti, una scoperta di un filosofo che può essere definito per la sua complessità e la miriade di sfaccettature come sia locale che transnazionale, un uomo di cultura che poteva vantare amicizie importanti sia a livello nazionale, Carducci ma anche Spaventa, Jaia per arrivare a quelle intrecciate nell’impero austro-ungarico ed in Germania. Colse tardi, fiorentino, gli studi di greco e della filosofia antica così come l’incontro con Aristotele che, però, pur tardivamente riconobbe “gli tolse le bende dagli occhi». E poi la passione per filosofi meridionali come Bruno, Telesio e Campanella: «tutti meridionali – spiega poi Martello – destano interesse nel filosofo sambiasino per la loro marcata tensione politica». Ma negli scritti di Fiorentino ripresi nel libro del professor Martello non è insito solo il pensiero dei classici e dei filosofi meridionali, ma anche quello dell’idealismo tedesco con Fichte e Schelling. Una vita ricca anche di aneddoti, oltre che d’incontri e mediazioni importanti come quella di Spaventa con Jaja maestro e Gentile, suo allievo. E proprio Gentile, che dapprima non considera Fiorentino un filosofo di rilievo, una volta divenuto ministro dell’istruzione durante il fascismo rinnega di averlo definito “poeta dell’idealismo italiano” nel 1911 mentre, nel 1934, lo fa assurgere al rango di filosofo in quanto il fascismo, all’epoca, aveva bisogno di “padri fondatori” con basi culturali di spessore. «E Fiorentino – ha poi spiegato il professor Bagnato – avendo criticato duramente nel 1881 lo ‘schiaffo di Tunisi’, quando i francesi s’ impossessarono della Tunisia, fece sì che potesse essere identificato quale uno dei padri del fascismo e legarlo alla destra storica». Nemo profeta in patria Fiorentino, accostato tra l’altro alla massoneria, anche se dallo studio dei suoi scritti non emerge alcun rimando, vide la sua sepoltura a Catanzaro, dove è presente un monumento con chiari riferimenti massonici mentre nella “sua” Sambiase si erge solo un busto pagato dall’avvocato Chimirri, legale dell’allora comune di Sambiase che, all’epoca, era in dissesto. Tanti, quindi, gli aneddoti emersi all’interno dell’incontro, frutto di uno studio approfondito, preludio ad un successivo volume sulla figura del filosofo calabrese da parte del professor Martello. Da registrare anche gli interventi dei giovani studenti del Liceo Campanella sulla figura di Fiorentino, di cui il professor Martello è preside, uniti ad intermezzi jazz al pianoforte del professor Diego Apa che hanno fatto da cornice ad un incontro partecipato su una figura di pensatore di rilievo nella storia filosofica calabrese e italiana.