Il percorso di Memoria per “Roma città aperta”

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FullSizeRenderIl “Magna Graecia film festival”, kermesse rivolta alle opere prime e seconde con una valida lista di ospiti da produttori a registi fino agli attori, dedica spazio anche ad appuntamenti letterari con la presentazione di libri. Nella sua quarta giornata, il festival ospita Simonetta Ramogida, autrice del libro “Roma città aperta”. Un appuntamento che ha visto la presenza dell’autrice affiancata da Vito Annichiarico, meglio conosciuto come il piccolo Marcello protagonista nell’omonimo film. Ed è proprio quest’ultimo, il capolavoro di Rossellini che apre le porte al Neorealismo Italiano, a ricevere attenzione. Non che manchino libri, documentari che parlano di quanto sia fondamentale nel panorama cinematografico mondiale un film come “Roma Città aperta”, ma l’autrice, dopo 70 anni dall’uscita del film, scava nel passato alla ricerca di dettagli con la certezza che ci sia ancora qualcosa da sapere e far sapere. Un lavoro di ricerca quindi, durato cinque anni fatto con attenzione e passione grazie alla collaborazione di Vito Annichiarico che, con altrettanta volontà, ha scavato nel ricordo cercando di donare qualche dettaglio ancora non saputo. I tempi seguiti sono stati quelli di cui si necessitava per distruggere la rimozione che il piccolo Marcello aveva fatto. Confessioni e percorsi di memoria legate agli aspetti più privati e al dietro le quinte del film, il ritrovamento di albumFullSizeRender (1) contenenti foto di backstage del film “Cuore” e di “Domani è troppo tardi”; tutto era vivo e il libro chiedeva di essere scritto. Il senso del suo lavoro, spiega l’autrice, è quello di non dimenticare e di tirare fuori aneddoti rimasti taciuti. La carriera cinematografica di Vito iniziata per caso, da sciuscià all’incontro con Rossellini, che attraversando le strade di Roma lo vede e lo porta con sé; un’esperienza vissuta come un gioco e come possibilità di ricchezza che garantiva un pezzo di pane in una fase in cui vinceva la miseria. La grandezza di Rossellini rintracciabile nel coraggio di girare un film antifascista senza mai citare la parola fascismo, ma donando allo spettatore la realtà senza esasperarla, nel momento in cui il nord Italia era ancora sotto il controllo nazista, nell’aver scavato nella psicologia dei personaggi donando al film un tratto soggettivo oltre che oggettivo. Il libro raccoglie dettagli e curiosità riscontrabili già nell’immagine scelta per la copertina in cui Anna Magnani abbraccia Vito, nel film stretti dal rapporto di madre e figlio, a dimostrazione di quanto un set cinematografico sia un contenitore in cui si creano rapporti di valore affettivo oltre che di lavoro.

di Giada Falcone

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