COSENZA – Personalità quasi sciamanica, grande affabulatore e musicista colto, portabandiera della contaminazione tra linguaggi musicali di diversa estrazione. Si potrebbe continuare all’infinito per delineare la figura di Leòn Pantarei, al secolo Leonardo Vulpitta, percussionista cosentino.
Dopo trenta dischi e un percorso musicale che lo ha portato a spaziare dal pop al reggae, dalla musica dub al raggamuffin anni ’90, fino ai progetti più recenti, maturati nell’alveo meramente jazzistico, logico attendersi anche un’attenzione delle istituzioni della città nella quale è nato e cresciuto. Ci ha pensato la Commissione cultura di Palazzo dei Bruzi, presieduta da Claudio Nigro, a rendere il giusto tributo alla sua attività artistica, riservandogli una calorosa accoglienza culminata nell’attribuzione di un premio al complesso del suo percorso di musicista.
Ad introdurre l’ospite, il consigliere Mimmo Frammartino che ne ha ricordato i primi successi: “Vulpitta trasmette emozioni di grande respiro”. Ne ha ricordato ancora il premio attribuitogli dal referendum JazzitAwards 2012, ideato dalla rivista diretta da Luciano Vanni, che lo ha incoronato primo tra i percussionisti e collocato tra i dieci migliori strumentisti italiani, e ancora le collaborazioni con Pino Daniele e con Mariella Nava, Mango e Teresa De Sio.
Uno dei pochi in grado in tutta Italia di suonare le tablas indiane, difficile strumento al quale l’ha instradato un altro grande come Shalil Ustad Al Shankar, per Pantarei Leòn “suonare le percussioni è davvero tutto. E’ sensualità, capacità di immergersi nella diversità delle culture, dar vita ad una sorta di koinè dei dialetti espressivi.”
Seduto in platea Checco Pallone, anch’egli percussionista cosentino, tra le colonne dei “Dedalus”, che ha un legame empatico e di vecchia amicizia con Pantarei Leòn e che dovrebbe sfociare in un disco a breve.
Una carrellata di immagini suggella l’incontro a Palazzo dei Bruzi. Sono le immagini che si riferiscono ad un concerto del progetto più recente di Leonardo Vulpitta che ha dato vita alla formazione etno-jazz degli “Omparty” di cui Pantarei Leòn è cofondatore insieme al chitarrista Pasqualino Fulco e della quale fanno parte anche il sassofonista Alberto La Neve e il contrabbassista Carlo Cimino.
Le altre immagini fissano, invece, una vera e propria sarabanda al Piccolo Teatro dell’Università in cui allievi, docenti ed intellettuali della più diversa estrazione vengono “traviati” da Leòn sulla strada di un ammasso di suoni apparentemente assordanti, ma celebranti una sorta di rito liberatorio dal quale sono poi scaturite le premesse per l’organizzazione del lavoro futuro. Una specie di rave in stile “Les Tambour du Bronx”, dove anche le pentole e le padelle alimentano da par loro il set percussivo.