Il progetto culturale del Rendano nelle parole di Isabel Russinova

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commissione cultura russinovaCOSENZA – Prosa, lirica, musica, balletto. Il Teatro Rendano ha offerto quest’anno alla città di Cosenza un cartellone vario e di notevole livello. Giunti quasi a metà della programmazione, incontriamo il direttore artistico Isabel Russinova.

Approfittiamo del suo soggiorno cosentino per sapere qualcosa di più su come vive il ruolo professionale che ricopre.

Quando entro in teatro sento che è vivo e di questo sono contenta. La mia attività è indirizzata principalmente alla realizzazione di un progetto culturale. Pensare ed organizzare una stagione teatrale per me non significa solo riempire di contenuti uno spazio, ma è soprattutto creare un percorso che restituisca valore alla cultura. In questo periodo di crisi, di difficoltà, di smarrimento, il rischio più grande è che la disperazione incoraggi la brutalità. Siamo come naufraghi in cerca di un appiglio, di approdi stabili e sicuri. La cultura diventa quindi la zattera cui aggrapparsi perché fornisce gli strumenti necessari per aprire la mente e individuare nuove risposte e soluzioni appropriate. Da qui il mio impegno per un percorso culturale che vada oltre il puro intrattenimento, effimero e fine a se stesso. Ritengo sia necessario partire dal recupero della memoria e dallo studio del passato per rintracciare i valori che si sono persi. Non dimentichiamo che stiamo parlando della direzione di un teatro di tradizione, in una città come Cosenza, ricca di storia e di cultura… È un percorso che può essere fatto puntando molto sui giovani e sui più piccoli che costruiscono ora la propria dimensione valoriale. Ieri ad esempio c’è stata in teatro la visita di una scuola ed è stato curioso osservare lo stupore della scoperta negli occhi dei ragazzi, soprattutto mentre visitavano e conoscevano posti un po’ nascosti, come la buca dell’orchestra. A tal proposito vorrei sottolineare che sono contenta di aver ricompattato l’orchestra del Teatro.

Le sue linee guida sono apparse chiare sin da subito: condivisione ampiamente e variamente intesa. Come ha risposto la città di Cosenza?

Il teatro è vivo, pieno, non ricordo una rappresentazione che non abbia avuto una risposta positiva dal pubblico. Mi dà coraggio vedere che la città partecipa e si lascia coinvolgere. So di andare nella direzione giusta. Certo, il lavoro fatto finora si limita ad un tempo di quattro mesi e mezzo, mentre il cammino da fare è ancora lungo per la realizzazione di quel progetto culturale di cui parlavo. È un lavoro che richiede più tempo, costanza, continuità.

Tempo fa ha sottolineato l’importanza del dialogo diretto con il territorio proponendo al pubblico cosentino un questionario anonimo utile all’individuazione di target, gusti e tendenze. Che risultati ha prodotto quest’iniziativa?

Dei risultati di quest’iniziativa si sta occupando l’Ufficio Statistica del Comune. I dati non sono ancora pronti soprattutto perché c’è stato qualche ritardo nella partenza e si può dire che la distribuzione è stata avviata nel mese di marzo. È comunque uno strumento utile per creare un rapporto nuovo con gli utenti: per “coltivare” la relazione con gli abbonati, ma anche per entrare in contatto con chi si avvicina al teatro per la prima volta. Conoscere non solo i gusti relativi alla programmazione degli spettacoli, ma soprattutto capire cosa vogliono avere dal teatro, come lo vorrebbero. Una sorta di grande abbraccio in cui includere tutto il pubblico. Un passo importante nella costruzione di un progetto culturale che abbia una doppia valenza: da un lato un percorso condiviso e quindi vissuto con la città, dall’altro la rivalutazione dell’arte e del bello. Tutto ciò per poter garantire una qualità dell’offerta sempre più alta.

Il teatro viene spesso considerato un luogo di nicchia: tanto bello quanto inaccessibile e faticoso. E spesso si trova a dover fronteggiare l’illusione del successo facile proposto dalla televisione o dal cinema. Quale disposizione d’animo suggerirebbe ad un giovane desideroso di diventare attore di teatro?

Io considero la televisione come uno strumento passivo, che può essere tenuto accesso anche mentre ci si dedica ad altro, quindi seguito con un basso livello d’attenzione e di partecipazione. La fama che deriva dall’essere conosciuti attraverso il piccolo schermo è una strada che illude, i giovani si aggrappano ad una chimera. Quante persone tra quelle che intraprendono questo percorso riescono davvero ad emergere e a distinguersi?

Il mondo dello spettacolo – espressione che sinceramente non mi fa impazzire – non è qualcosa di astratto o un cartone animato, come può apparire per chi lo guarda dall’esterno. È invece una professione, come può essere quella del medico o del giornalista. E come tale deve essere considerata. E per arrivare a realizzare qualcosa occorre necessariamente studiare, conoscere, impegnarsi. Non è un passaggio automatico: come non si può diventare medici da un giorno all’altro, così non ci si può improvvisare nel “mondo dello spettacolo”. Esistono tantissimi attori e anche molto bravi che popolano i nostri teatri, ma non tutti sono necessariamente divi. Sono ugualmente importanti i caratteristi o le varie professionalità che ruotano intorno alle rappresentazioni. Il suggerimento che mi sento di dare è che bisogna misurarsi con le cose, puntando su serietà, impegno, sacrificio, onestà intellettuale. Prepararsi a dover dare di più di quanto si può ricevere in cambio. Vorrei che i giovani imparassero quanto sia importante lo studio della memoria.

Eviteremo retorica e anacronismi ma è fin troppo risaputo che le donne che rivestono ruoli di primo piano, come il suo, talvolta si ritrovano ad avere qualche “difficoltà in più” rispetto agli uomini. Per lei è stato così?

Le donne hanno sempre avuto un ruolo chiave. Oggi, a maggior ragione, il loro apporto è basilare per superare lo stallo in cui ci troviamo. Questa centralità è da attribuire allo spirito di abnegazione e di sacrificio, alla capacità di adattarsi. Certo le donne devono affrontare ostacoli maggiori, mettere in circolo maggiore energia di quella che sarà loro restituita. Ma sono convinta che il lavoro – il lavoro fatto bene – alla lunga viene riconosciuto. Per me di certo è stato così. Non si può stare a guardare.

Concludiamo allora con qualche annotazione sul Gran Galà del balletto di stasera.

È la prima volta che i ballerini del Teatro alla Scala si esibiscono al Rendano. È importante portare a Cosenza le eccellenze affinché costituiscano un riferimento alto cui tendere. Per misurarsi sempre con il meglio, per conoscere, per imparare a valutare. Come avvenuto per Giorgio Albertazzi, Paolo Fresu, Fiorenza Cedolins. La televisione trasforma la qualità dei prodotti che sono nati per altri luoghi. Eventi come quello di stasera hanno bisogno del palcoscenico dei teatri. I risultati eccellenti delle étoiles sono raggiunti a costo di grandi sacrifici e molto impegno, motivo in più per apprezzarle e prenderle a modello di professionalità e competenza.

 

Mariacristiana Guglielmelli

 

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