Lea. Storia di una combattente per la verità

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salutiCOSENZA (CS) – Tre giorni di applausi liberatori per una giustizia fatta . Questa la sintesi perfetta della manifestazione “Il coraggio oltre la narrazione – la storia di Lea, le storie di chi non si arrende”,che si è conclusa ieri presso il cinema Citrigno di Cosenza. Organizzata da Sabbiarossa Edizioni e Reggio Cinema e resa possibile dall’attore reggino Alessio Praticò, che ha fortemente voluto portare in Calabria il regista Giordana, la manifestazione ha toccato Cittanova, Reggio Calabria, Scilla, Vibo Valentia e Cosenza. Cinque realtà calabresi hanno avuto modo di ascoltare la storia di Lea Garofalo, testimone di giustizia uccisa dal compagno perché aveva osato ribellarsi al potere della ‘ndrangheta. «Lea Garofalo- dice il regista Marco Tullio Giordana- non è una vittima della ‘ndrangheta, ma una combattente per la verità. Una donna che ha dimostrato che non tutto è stato scritto. Che tutto si può cambiare, se si vuole». Non ha dubbi Marco Tullio Giordana, che ha restituito, con il film “Lea”, la storia di chi si ribella, di chi non accetta, di chi non vuole  seguire il corso degli eventi  come se fosse ineluttabile, che rifiuta l’idea del destino scritto da altri, il coraggio di una donna che ha immaginato per la figlia Denise un futuro diverso dal suo, e per questa ragione ha scelto di dare la propria vita per riscrivere il destino, per uscire e per non permettere alla figlia di aderire e conformarsi  ai dettami della cultura mafiosa che è pericolosa tanto quanto chi appartiene alla criminalità organizzata. Dopo i saluti del Prefetto di Cosenza Gianfranco Tomao, di Giuseppe Citrigno presidente di Anec Calabria, Enzo Russo di Reggio Cinema, Donatella Loprieno referente di Libera Cosenza, Marco Tullio Giordana e Alessio Praticò, la sala gremita dagli studenti provenienti da Cosenza e provincia, ha assistito alla proiezione di “Lea” «un film da vedere col cuore più che con gli occhi» per ricordare l’invito di Paola Bottero.

dibattitoA seguire l’intenso dibattito con gli studenti cui ha preso parte anche don Pino Demasi referente di Libera Piana, cresciuto a Cittanova luogo di faide e di cadaveri in bella mostra per strada, di donne vestite di nero che fino a poco tempo fa portavano il lutto in modo vergognoso. «”Lea” -dice don Pino – ricorda il lavoro fatto da Libera, la trasformazione della memoria in impegno, “Lea” è la storia che serve, sono i  giovani che non piangono ma trasformano la rabbia, è la “meglio gioventù” in grado di ribellarsi. Tante le domande poste, molte ruotavano intorno all’interrogativo sul ruolo dello Stato nel combattere la mafia , non sono mancati i rimandi all’omertà, «il problema culturale , quel comportamento secolare spesso garantito dalle donne, ma- come ha ribadito Donatella Loprieno- la fortezza si sgretola quando si dice “basta” e ci si ribella e allora la donna diviene il cuneo che rompe i cardini», le curiosità legate alla realizzazione del film e poi la toccante testimonianza di Andrea, giovane studente dell’ITIS di Cosenza che ha raccontato il suo passato di ragazzo che ha vissuto tra alti e bassi,  cinque anni  della propria vita sotto protezione. Oggi tanti ragazzi sono Peppino e Lea per dimostrare che vale la pena operare per il cambiamento. Cambiare per restare e restare per cambiare.

Rita Pellicori

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