MENDICINO (CS) – «A casa ho tutto, mio marito non mi fa mancare nulla: frigorifero, radio, pentola a pressione, frullatore, ferro da stiro». A Maria non manca nulla, ha tutto ciò che una casalinga può desiderare, eppure è una donna infelice. Da questo spaccato di vita che accomuna molte donne, Franca Rame stupisce imbastendo un monologo ironico. Prorompente e sensuale, Maria è sposata con un maritino abitudinario a letto e dittatore nell’anima. «Mi chiude in casa come una gallina stupida, mi dà le botte perché mi ama», confessa la donna a un’amica immaginaria cui lascia conati di confidenza. Tra la radio accesa e il ferro da stiro mano, Maria si lascia andare e racconta di un giovane studente che le impartisce lezioni d’inglese, un ventenne che le fa riscoprire i piaceri della carne ormai sopiti da tempo, e dà un po’ di brio a quelle giornate che scorrono sempre uguali, tra un cognato invalido con la mano toccacciona e una famiglia da curare. Impreziositi da un vicino spione e un “erotomane pazzo”, si muovono i monologhi di una donna che tradisce il marito, ma rimane irretita in tabù linguistici che le impediscono di dire orgasmo. La repressione si sa, porte a conseguenze esplosive e così, Maria si prende il riscatto di una vita di beffe e soprusi. Dieci minuti di pausa fanno respirare il pubblico in sala prima di un monologo amaro e sofferto: “Lo stupro”. Siamo nel 1973, gli “anni di piombo” in Italia, quando la sera del 9 marzo Franca Rame viene sequestrata e stuprata a turno da un gruppo di neofascisti. Uno stupro per punire il coraggio, le idee e l’intelligenza che Franca Rame ebbe il coraggio di raccontare al pubblico due anni dopo per far sì che tutti sapessero cosa significhi. Voluttuosa, esacerbante, con dissacrante ironia Roberta La Guardia porta in scena i drammi della vita e riporta alla luce le contraddizioni di una società ancora troppo sessista con “Omaggio a Franca Rame”. Il pubblico del teatro comunale di Mendicino non può non ridere, applaudire e riflettere di fronte ad un’ironia che cela un messaggio profondo.
Rita Pellicori