COSENZA – Buoni riscontri di pubblico per “Viviani sono io!”, lo spettacolo andato in scena al Teatro Morelli di Cosenza.
Ad una prima osservazione sembra un breve spaccato teatrale sulla vita del commediografo e attore partenopeo.
Fin da subito appare però chiaro che ciò a cui si assiste non è la solita opera, non vengono dipinti i tratti della vita del “personaggio” bensì si assiste ad attori che, utilizzando come strumento la vita del Viviani, calano lo spettatore nel mondo melodrammatico dei teatri italiani di fine ottocento e primi del novecento. Il teatro intero viene riportato indietro di 120 anni, e dalla sala d’attesa alla platea gli attori conducono gli spettatori in un mondo fatto di palcoscenici malconci, marionette e attori più o meno noti, interpretando i ruoli delle maestranze che era possibile incontrare nei teatri fin dalla sala del rinfresco, dove il regista-attore Piero Zucaro lascia intendere ai presenti che la pièce è già iniziata. Attraverso le canzoni di Lalla Esposito accompagnata dal pianoforte di Antonio Ottaviano si racconta la vita di Viviani, che tra alti e bassi passa da un palco all’altro prima di raggiungere la fama meritata.
La serata ha inoltre avuto uno scopo benefico poiché è stata realizzata con la partecipazione dell’associazione “Gli altri siamo noi”.
È la storia di tantissimi tra attori e maestranze che ruotavano intorno ai teatri italiani, che passavano da palchi prestigiosi a locali siti nei pressi dei porti, ad intrattenere di volta in volta il nobile o il marinaio di passaggio. Viviani si racconta in prima persona, ci racconta dell’infanzia in teatro e del periodo di bassa fortuna nel quale fu addirittura incarcerato dalle guardie, attraverso la voce della Esposito, ci parla della sua ammirazione verso gli attori famosi e dei suoi miseri stipendi. Quando la performer scende dal palco sembra di assistere alla discesa dell’attore stesso, e ci si aspetta di sentire l’odore di legno vecchio e polvere dei locali in cui si esibiva. La storia ci racconta infine che gran parte della sua vita fu impegnata alla ricerca di un posto in cui esibirsi e che riconoscesse la sua grandezza, che arrivò solo dopo aver girato l’Italia e l’Europa e aver fatto ritorno a Napoli. Ed è proprio da uno di questi episodi che nasce il titolo dell’opera, quando la proprietaria di un locale torinese, vedendolo spingere una cassa lo avrebbe scambiato per un facchino, e alla domanda “quando arriva Viviani?” la risposta sarebbe stata proprio “Viviani sono io!”.