Cosenza – Musica e parole, suoni e voce, strumenti e corde vocali; un tutt’uno di emozioni e sensazioni, un agglomerato di esperienze vissute e condivise per mettere in scena, al teatro Morelli, “Morir sì giovane e in andropausa” della compagnia Scena Verticale. Uno spettacolo di teatro-canzone scritto a quattro mani da Giuseppe Vincenzi e Dario De Luca, uno spettacolo che ha riportato alla luce le falle di una società ormai in cancrena, in rovina, una società colpita da fobie, incompetenza e inadempienza; una società ormai consumata da un male incurabile e non estirpabile. L’Italia è ormai diventata un corpo inerme, infetto e la politica ne è la causa prima.
Uno spettacolo di denuncia e di intolleranza che ha mescolato insieme la voce e la recitazione di Dario De Luca con i virtuosismi e le sonorità pungenti, ammalianti, a volte quasi “stridenti”, dell’Omissis mini Orchestra. Un venerdì sera puntellato di sarcasmo e pungente contestazione nei confronti di una classe politica che naviga nell’oro e nuota tra privilegi e rimborsi, tra macchine blu e talk show a cui presenziare; politici corrotti, accomodanti e, troppo spesso, raccomandati. “I politici si sono mangiati l’Italia” – ha ripetuto quasi a cantilena Dario De Luca – “perché non dovrebbero anche mangiarsi gli italiani?”
E noi? Noi incassiamo i colpi di una società ormai in malora; lottiamo, gridiamo, scioperiamo, ci incateniamo per riscattare la nostra dignità, per far rispettare l’articolo 1 della Costituzione ma i nostri sforzi sono vani perché i politici sono intenti a mettere in scena teatrini, alterchi e lotte per poltrone da ottenere.
Uno spettacolo, quello di ieri sera, che ha rimarcato il malessere di un’intera società; giovani troppo inesperti per ottenere lavoro, esodati troppo esperti ma, allo stesso tempo, troppo vecchi per essere riassunti, universitari affamati di una cultura che ormai non dà più da vivere e pensionati che non riescono più a sopravvivere.
Con il sarcasmo di chi la sa lunga Dario De Luca ha dato voce all’affollata platea, ad ogni singolo individuo, ad ogni anima in pena che non spera più nella redenzione. Siamo un popolo di disoccupati, cassaintegrati, precari in continua lotta tra la vita e la morte, siamo un popolo senza più Santi in paradiso, senza più la forza di gridare al miracolo, siamo giovani senza futuro perché, quei settantenni sempre verdi che amano la propria poltrona, ce l’hanno rubato, confiscato, defraudato.
Si è riso di gusto ieri sera, si è riso tra parole recitate e note cantate, il pubblico si è divertito vagliando l’idiozia della nostra società che ci rende ridicoli agli occhi dell’intera Europa; si è riso tra acclamazioni e fragorosi applausi perché siamo ormai stanchi di piangere, si è gioito e sogghignato perché ormai è l’unica cosa gratis che ci è rimasta.
Annabella Muraca