Radicamenti, freschezza e presenza scenica: una musica tutt’altro che “Cumededè”

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MENDICINO (CS) – Coincidenza? Destino? Che sia frutto di lungimiranza o di un’azione avventata, quel che conta è il risultato, e vi assicuro che è assolutamente esplosivo. Si apre sull’onda della buona musica e dell’entusiasmo la seconda serata di Radicamenti, il festival culturale che si sta svolgendo in questi giorni a Mendicino. Freschezza, presenza scenica, voglia di stare insieme. Trasmettono gioia e positività i Cumededè, un gruppo nato da poco con «l’obiettivo di fare musica- come svela il suonatore di tamburo Carlo Antonante Bugliari- così, cumededè».

D – Come nasce il nome Cumededè?

R – In realtà non so proprio come, perché. Siamo ex allievi del maestro Checco Pallone, abbiamo fatto un corso di tamburi a cornici presso il teatro dell’Acquario due anni fa. Alla fine del corso, il maestro Pallone ci chiese, dati i risultati ottenuti nel saggio di fine anno accademico, se ci andava di provare a mettere su un gruppo. Tra l’incoscienza e l’entusiasmo abbiamo detto che ci piaceva questa idea. Abbiamo iniziato a provare, a suonare, abbiamo visto che il progetto funzionava. Piano piano si sono aggiunti Carlo Cimino, Alessandra Colucci, alla fine siamo arrivati ad essere 12 elementi che producono una musica che, secondo me, è molto accattivante, arrangiata bene. Più in là abbiamo pensato di provare a fare un disco, ci abbiamo provato, ci siamo riusciti, anche quello è un prodotto intrigante perché è pieno di arrangiamenti interessanti, di richiami a musiche provenienti da varie parti del mondo miscelate insieme. Cumededè perché ad un certo punto abbiamo lanciato una moneta e detto: “se esce testa ci chiamiamo Cumededè, se esce Croce ci chiameremo in un altro modo”, in poche parole è stato il caso a scegliere Cumededè. Cumededè ovviamente ha una matrice, Cumededè vuol dire “Come viene, viene”, Cumededè sta a significare questo: facciamo la musica che ci piace fare, non guardiamo al mercato, non ci interessa avere un prodotto musicale che abbia presa sul pubblico, ci interessa fare un prodotto musicale che ci piace, quindi noi suoniamo alla cumededè.

D – Proponete un repertorio eteroclito che spazia da De Andrè all’America Latina…

R – Credo che la musica non abbia confine, si può fare certamente una distinzione tra brani , però a noi, visto che siamo Cumededè, ci piace miscelarli perché suonano bene insieme. Se mettiamo Fabrizio De Andrè insieme a Pino Daniele è perché suonano bene insieme, hanno un filo logico nell’arrangiamento, nella melodia, anche nei testi. Abbiamo scelto pezzi da riarrangiare che avessero un significato anche da un punto di vista testuale; ad esempio uno dei brani che abbiamo proposto questa sera che è “Terra” che è un mix tra “Amara terra mia” e “Terra mia” , lì c’è un grido di tristezza, di abbandono della propria terra, di rammarico per la propria terra che non riesce ad esprimersi per come dovrebbe, allora, anche da un punto di vista testuale le cose che mettiamo insieme hanno un nesso ben preciso. Ci è capitato di mettere insieme Pino Daniele, Domenico Modugno, Carlos Puebla, la musica venezuelana, africana, musiche popolari, ancestrali. Le sonorità che noi mettiamo in campo sono quelle che abbiamo nella pancia.

D- È  la vostra prima esibizione a Mendicino?
R – Sì, è la prima volta. Noi suoniamo da poco tempo, da un anno e mezzo circa . È la prima volta che veniamo a Mendicino, siamo molto felici perché è un festival interessante. Una bella idea, un bel posto, un Borgo vivo, ci fa piacere partecipare a questi eventi che hanno un senso di aggregazione.

Rita Pellicori

 

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