CATANZARO – Fervono i preparativi a Verbicaro e Nocera Terinese per la celebrazione dei “vattienti”, uno degli appuntamenti clou della Settimana Santa in Calabria.
Il rito, che si ripete da secoli, si tramanda per tradizione familiare da padre in figlio.
I “vattienti”, vestiti di rosso con un semplice pantaloncino corto, una maglietta e un fazzoletto intorno al capo, mortificano pubblicamente il loro corpo con la flagellazione fino a far sgorgare il sangue dalle ferite provocate dal “cardu” o “cardiddo”, un disco di sughero su cui, grazie a uno strato di cera, sono infissi tredici acuminati pezzetti di vetro, detti “lanze”. Pieni di ferite e di sangue, a voler imitare quelle che sono state le sofferenze di Gesù, i “vattienti” percorrono le vie del paese, lasciando sui muri i segni delle mani insanguinate.
Questa celebrazione suscita sempre un acceso dibattito: da un lato infatti viene additato come un rito cruento e non al passo con i tempi, dall’altro ci sono i suoi sostenitori che nella flagellazione vedono l’espressione della devozione popolare.