“Roccu u stortu nun è ra morte ca ti fa spagnare”

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COSENZA – Una tarantella in sottofondo, un’immagine della Madonna portata in processione sullo sfondo e un uomo in mutande, canottiera bucata ed anfibi da militare che scorrazza per il palco del Teatro Morelli; un matto con la battuta pronta capace di rompere immediatamente il ghiaccio e coinvolgere il numeroso pubblico in giochi fanciulleschi e demenziali, giochi che fanno sghignazzare, sorridere ma che, soprattutto, sottolineano il carattere folle e squilibrato del personaggio.

È così che, ieri sera, è iniziata la rassegna “More- La scena contemporanea a Cosenza” portando sulle tavole del Morelli lo spettacolo “Roccu u stortu”; dopo dodici anni dal debutto l’attore Fulvio Cauteruccio ha ridato voce, carne e sentimento a Rocco vestendone nuovamente i panni. Lo spettacolo è iniziato con uno spirito goliardico pian piano disturbato dal presagio della guerra; ecco che i sorrisi iniziano a scemare, le gambe cominciano a tremare e le espressioni diventano sempre più accigliate, sul volto vengono a convogliarsi una serie di emozioni e il volto stesso sembra quasi trasformarsi in una maschera di paura e dolore.

La guerra è iniziata, le bombe squarciano il cielo e i carri armati la terra; è l’esordio della prima guerra mondiale e il mondo trema, non c’è più tempo per sorrisi e giochi puerili, “quando c’è puzza di guerra non c’è nulla da ridere perché c’è puzza di sangue, c’è puzza di morti, c’è puzza di spari, c’è puzza di merda”. La prima guerra mondiale è iniziata e Roccu detto u stortu, il pazzo, l’esaltato, lo scemo del paese decide di arruolarsi, diventa così un soldato del 142º reggimento fanteria 6ª compagnia della Brigata Catanzaro spinto dalla promessa di ottenere, al suo rientro, un appezzamento di terra di cui essere padrone fino alla morte.

Ma la morte è la guerra e Rocco narra la sua esperienza da soldato in un monologo struggente, toccante, estenuante; i ricordi si susseguono come un fiume in piena e Rocco non riesce a placarli, davanti ai suoi occhi si materializzano le immagini dei bombardamenti, dei lunghi giorni trascorsi in trincea, del sangue, dei compagni morti, dei corpi mutilati che giacciono sul terreno. La guerra è una bestia nera, può ucciderti o trasformarti in uno zombie che non riesce più a dormire serenamente; gli occhi si chiudono ed incubi inquietanti si susseguono, la testa si poggia sul comodo cuscino e i ricordi diventano sempre più vividi, i corpi dei compagni di sventura sembrano sempre più reali e s’intrufolano nella mente, nelle ossa, nello stomaco rendendo la vita un inferno, sì lo stesso inferno del campo di battaglia che ti cambia, ti stravolge rendendoti estraneo agli altri e a te stesso. E anche Rocco in quella guerra si è perso senza più ritrovarsi.

“Roccu u stortu certe volte credo che sei morto” – canta il Parto delle Nuovole Pesanti – “Il buio pesto intorno a te, i soldati si muovono sul serio barricati nelle loro notti insonni consumati tremila metri di trincea.  Roccu u stortu nun è ra morte ca ti fa spagnare nun è… su ri culuri mai pittati su ri parole mai parrate”.

Annabella Muraca

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