RENDE (CS) – Sorridente, elegante ed etereo è Sergio Cammariere che dopo tre anni riporta il jazz nella sua Calabria in occasione del Settembre Rendese.
Migliaia le persone presenti, diecimila secondo gli organizzatori, tutti zitti, immobili, emozionati persino i piccoli nei passeggini in perfetto silenzio, gli occhi appena socchiusi ma sereni nel lasciarsi cullare dalla bellezza di quelle note.
Eclettico musicista, compositore, interprete capace di fondere e confondere il jazz con le sonorità latine, la musica classica con lo swing e il progressive con lo stile tipico del cantautorato italiano.
Torna sul palco e lo fa, a poco più di due anni dal precedente “Carovane”, con un album omonimo, intimo, suggestivo che alterna momenti ritmici incontrollati, sintesi del suo straordinario estro creativo.
La perfomance di due ore, in costante e cangiante tensione, è stata un alternarsi di vecchi e nuovi gioielli resi ancora più pregiati dalla sua band storica Luca Bulgarelli al contrabbasso, Amedeo Ariano alla batteria e Bruno Marcozzi alle percussioni, arricchita per l’occasione dal sax alto di Daniele Tittarelli.
Un dialogo quello tra il pianoforte e il sax che ha dato vita a una magia impalpabile ma potentissima quando si è insinuata negli abissi dell’anima, sconvolgendola, saccheggiandola nella più intima piega.
Apre il suo live con due pezzi strumentali ma è quando comincia a cantare “Tutto quello che un uomo”, brano che lo ha reso popolare al grande pubblico, che tutti si alzano dal proprio posto per applaudire e rendere omaggio al vero talento.
Emozionante il finale, dopo una lunghissima ovazione e continui applausi il maestro Cammariere saluta commosso con il suo proverbiale inchino e offre in segno di gratitudine una rosa al suo pubblico.
Un grande evento, la musica vince ancora una volta riuscendo ad unire intere generazioni in una piazza sognante, rapita merito di tante cose ma soprattutto delle mani, quelle di Sergio Cammariere che come canta lo stesso “Non sono mani ma fiori”.
Gaia Santolla