Ugo Caruso “porta” Bob Dylan al Museo del rock di Catanzaro

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CATANZARO – «Il messianesimo di Bob Dylan tra palingenesi sociale e apocalisse rivoluzionaria” è l’intrigante tema della conferenza con Ugo G. Caruso in programma mercoledì 1 marzo alle ore 18 al Museo del Rock di Catanzaro.
Caruso, studioso di cultura di massa, frequentatore da sempre del rock e osservatore attento dei fenomeni controculturali degli anni sessanta-settanta, nei mesi scorsi, a ridosso del conferimento del controverso Premio Nobel al menestrello di Duluth, aveva già dato vita ad un appuntamento a Roma, al “Cineforum del Lunedì”, in cui attraverso il bel film dei fratelli Coen” A proposito di Davis” aveva effettuato un primo approccio a Dylan partendo dagli “early days” al Greenwich Village e dall’amicizia con Dave Van Ronk, modello riconoscibilissimo dello scalognato cantautore protagonista della vicenda narrata.
Adesso torna a Dylan con una riflessione più organica e compiuta che parte da uno sguardo diverso rispetto a quello cui siamo abituati. «Dylan infatti è prigioniero -secondo Caruso-  di un’iconografia contraffatta che lo vuole poeta del disagio giovanile, cantore della protesta, schitarratore pacifista da sit-in. Insomma è appiattito e deformato sulle linee guida della cultura giovanile dell’epoca. Al contrario, Dylan non è mai stato nè giovane nè giovanile. È piuttosto affine e  assimilabile a certi profeti del Vecchio Testamento. Ed infatti sullo sfondo delle sue canzoni appare l’Apcalisse, come quella preconizzata da Giovanni. E tutta la sua opera è pervasa da uno spirito messianico di marca giudaico-cristiana. Anzi, per molti Robert Allen Zimmerman è l’ultimo profeta e il suo repertorio è una versione moderna della mistica bibblica». C’è una corrente interpretativa che ha sempre sostenuto che il libertarismo dylaniano e la sua visionarietà discendono direttamente da un filone di pensiero e da una tradizione letteraria di matrice ebraica. Caruso si propone di elaborare originamente queste tesi, a conferma delle quali, al termine della sua conversazione, proporrà un film raro e semisconosciuto del 2003, “Masked and Anonymous” scritto dallo stesso Dylan insieme al regista Larry Charles (già autore del politically uncorrect “Borat”) ed interpretato da lui stesso insieme ad un folto stuolo di attori popolarissimi che accettarono a suo tempo di lavorare praticamente gratis in virtù della loro ammirazione nei confronti del cantautore: Jeff Bridges, Jessica Lange, John Goodman, Penelope Cruz, Luke Wilson, Angela Bassett, Bruce Dern, Giovanni Ribisi, Chris Penn, Fred Ward, Ed Harris, Val Kilmer, Christian Slater, Susan Tyrrell, Steven Bauer e vari altri.
Il film, sorprendente, provocatorio e controverso mostra un’America prossima ventura in preda alla guerra civile, messa a soqquadro da guerriglieri, insomma in una condizione prerivoluzionaria che potrebbe rovesciare il presidente dittatore al potere. Nella sua immaginifica vicenda si riflettono fedelmente il mondo interiore, le intuizioni e le aspirazioni profonde dell’artista.

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