Un viaggio tra esistenza, spazio e tempo nelle opere dei quattordici artisti di “Calabria contemporanea” – fotogallery

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Domenico Cordì - NTE Calabria Contemporanea
Domenico Cordì - NTE Calabria Contemporanea

CITTANOVA (RC)  – Domenica 18 maggio a Cittanova è stata inaugurata la mostra collettiva “Calabria contemporanea – il bello educa” curata da Lara Caccia, con testi critici di Marco Palamidessi e realizzata grazie alla collaborazione tra l’Amministrazione comunale e l’Associazione culturale Lato2. L’evento è parte del progetto “New Temporary Exhibition”, una risposta concreta all’esigenza dei giovani di comunicare idee e pensieri differenti sull’attualità. L’edificio dell’ex mercato coperto è diventato la location ideale su cui intessere i diversi discorsi artistici, grazie alla sua struttura composta da ampi box e le imponenti vetrate che si affacciano sulla città, creando così un suggestivo connubio tra le opere e il paesaggio.
I protagonisti sono quattordici giovani artisti calabresi, tutti presentano al pubblico opere con peculiarità differenti ma evidenziando un comune angolo di convergenza: la contemporaneità.
Il percorso espositivo si sviluppa su due livelli, al piano terra si possono ammirare le opere di Erelin che costruisce il suo lavoro basandosi sulle prospettive, i riflessi, i volti e catturando alcuni momenti significativi, in grado di dialogare con l’osservatore. Nel box successivo Melania Aitollo propone un cammino in grado di percuotere tutti e cinque i sensi.
Al piano superiore le incisioni di Sisetta Zappone fondono simbolismi e forme zoomorfe, di seguito Cristina Raffa che nei volti di donne dipinti coniuga bellezza ed emozioni. Proseguendo il fruitore può apprezzare le opere di Giovanni Longo, l’artista tra scultura e disegno affonda con eleganza il colpo sulla precarietà della materia, cagionevole mutevolezza che scandisce l’esistenza. Accanto Domenico Cordì con un’installazione site-specific dialoga con il luogo, raccontando un passato di storie vissute e arcaiche. Poi il {movimentomilc}, un duo di artisti composto da Vincenzo Vecchio e Michele Tarzia, attinge agli anni settanta, ad esempio riproponendo il messaggio di Arecibo, per sottolineare l’esigenza cosmica di comunicare e manifestare la propria presenza, avvicinando il linguaggio matematico alla comprensione di tutti e agevolando la lettura con l’accostamento di immagini che rendono i codici meno impersonali.
Bado alias Santo Alessandro Badolato si esprime sull’eterno incontro/scontro tra la natura perfetta e l’uomo, che tenta con la sua incessante produzione di eguagliarla ma comunque rimane relegato alla sua condizione imperfetta. Davide Negro esprime un senso di protesta nei confronti del torpore e dell’apatia, tratti distintivi della natura umana in alcune circostanze, cerca così di aprire un varco verso la libertà dall’oppressione del tempo nel suo scorre inesorabile e si scaglia contro i vincoli delle apparenze.
Proseguendo Gabriele Nicolò che accosta elementi industriali per riprodurre paesaggi urbani, indice dell’alternanza tra splendore e decadenza, e Giulio Manglaviti che attraverso rapidi gesti invade la superficie della tela. L’arte di Salvatore Insana crea, invece, un bilanciamento tra spazio e tempo fissando istanti con la fotografia e proiettando in video il continuo e effimero moltiplicarsi di un corpo.
Per finire Girolamo Deraco mescola linguaggio visivo e sonoro e Giuseppe Guerrisi ricostruisce un sacro altare di preghiera che permette a chi si avvicina di entrare in contatto con le vibrazioni proprie del suono primordiale.
Ogni artista nella sua individualità si appropria di uno spazio ma allo stesso tempo non può fare a meno di essere parte di un’unità. Da singole identità sottraggono al tempo e allo spazio, producendo una moltiplicazione imprevedibile di significati. Una mostra da vedere, aperta al pubblico fino a martedì 3 giugno 2014.

Claudia Capogreco

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