RENDE (Cs) – «In questo sconvolgimento globale dovuto alla pandemia da COVID-19, la Cina continua imperterrita a perseguire la sua Grande Strategia, che è un disegno molto flessibile di sfruttamento di tutte le opportunità che si offrono e di costruzione di nuove condizioni di vantaggio». Questo l’incipit della recente lezione di Alberto Pagani, deputato componente della Commissione Difesa alla Camera, tenuta, in video conferenza, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.
«La Repubblica Popolare Cinese, ha proseguito Pagani – con la Belt and Road Initiative, intende certamente costruire una rete di collegamenti infrastrutturali e di accordi commerciali, sulla direttrice dell’antica via della seta, ma anche realizzare, attraverso la costruzione di relazioni di interdipendenza economica, un nuovo sistema di alleanze politiche: questa è l’essenza della strategia cinese, e risponde perfettamente all’antica cultura e al modo di pensare dell’antichissima civiltà che l’ha prodotta». E, a tal proposito, ha citato i diversi filoni religiosi e filosofici della cultura cinese m, come il Taoismo e il Confucianesimo ed il Legismo.
Il docente ha poi fatto un paragone con il pensiero strategico dei giochi da tavolo: in Occidente il gioco strategico per eccellenza è quello degli scacchi, rappresentazione simbolica della guerra il cui scopo è l’annientamento dell’avversario, che produce la vittoria e la sconfitta dei giocatori. Il gioco strategico degli orientali invece è il wei chi, un gioco di accerchiamento in cui vince chi occupa meglio il terreno di gioco, muovendosi in base agli spazi lasciati vuoti dall’avversario: è la rappresentazione simbolica di una cultura strategica che cerca di evitare il più possibile lo scontro, proprio come insegnato nell’antichissimo trattato di strategia militare “L’arte della guerra” del generale e filosofo cinese Sun Tzu, il cui motto era: “il migliore generale non è chi vince cento battaglie, ma chi vince la guerra senza combattere nessuna battaglia”.
Per questo il fondamento della strategia cinese non è mai un obiettivo fermo ed inamovibile, da perseguire ostinatamente, ma la ricerca della massimizzazione delle condizioni di vantaggio nel contesto occasionale, che si ottiene cogliendo tutte le opportunità che si presentano. La realtà è concepita come mutamento, e le opportunità sono di natura dinamica e relazionale.
A tal proposito, Pagani ha ripreso l’argomento delle “Nuove Vie della Seta”, un progetto che non può essere interpretato come se fosse solamente un grandioso piano di interconnessione infrastrutturale tra Asia e Europa. Non è un caso che il XIX Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese, tenuto nel 2017, su proposta di Xi Jinping, abbia inserito “La Via della Seta” nella costituzione cinese. Si tratta di un progetto politico, uno strumento di geopolitica, e non di un piano di opere pubbliche, che riguarda soltanto le strade, le ferrovie, linee aeree e navali, i porti e gli aeroporti, le pipline energetiche o i cavi di connessione dati. La B.R.I è essenzialmente un progetto politico del partito Comunista Cinese, finalizzato a conquistare, attraverso l’interdipendenza economica, l’appoggio di nuovi alleati nel sistema di autorità ed enti sovranazionali che governano il mondo.
«La Cina, abbracciando l’economia di mercato senza allontanarsi dalla sua cultura e senza cambiare il suo modello politico autoritario – ha affermato Pagani – in pochi decenni è riuscita a diventare la seconda, o forse la prima potenza economica ed industriale del mondo». Con una popolazione che conta oltre un miliardo e mezzo di persone, ha oggi un peso politico sul piano globale che non corrisponde né alla sua forza economica né al suo peso demografico. Per questo la classe dirigente cinese sta tentando di costruire un sistema di alleanze che le consenta di avere riconosciuto quel ruolo e peso politica da grande potenza mondiale a cui ritiene di avere diritto. E questo sistema di alleanze, che si basa sull’interdipendenza economica, comporta necessariamente anche delle conseguenze politiche. Quando un Paese lega la propria economia ed il proprio benessere ad un altro non può che averne a cuore anche il destino ed il successo politico. E tutti i Paesi che lungo le nuove vie della Seta si legheranno alla superpotenza economica cinese hanno ovviamente una dimensione ed un peso molto inferiore rispetto a quello della Cina. Per questa ragione, ha continuato Pagani, se l’Italia aderisce singolarmente al progetto politica della Repubblica Cinese, e quindi del Partito Comunista Cinese, si trova per forza in una posizione debole e subalterna. Confrontarsi con il progetto della B.R.I. per il nostro a Paese è necessario ed inevitabile, ma se il dialogo sarà tra la Superpotenza cinese ed una variegata è litigiosa compagine di Paesi europei che interloquiscono in ordine sparso, o tentando di fregarsi l’un l’altro, ciascuno di questi conterà poco o nulla e negozierà delle briciole. Questo vale anche per l’Italia, che senza la forza ed il peso contrattuale dell’Europa Unita, potrà avere solo un ruolo subalterno e residuale, e peserà come uno dei tanti Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo. Il Mediterraneo è un mare intercontinentale ed è un mare fondamentale perché strategico per tutti questi Paesi, centro di libero scambio; ma nel XXI secolo ha perso la sua antica centralità a favore dell’Oceano Pacifico. Citando Kissinger Pagani sottolinea che la trasformazione di questo inizio millennio è talmente profonda che rende evidente che il vecchio Ordine Mondiale, basato sul Washington Consensus, è ormai finito. Dalle sue ceneri ne nascerà certamente uno nuovo, che oggi però è ancora indefinito. Questa ridefinizione dei ruoli e riallocazione del potere su scala globale avverrà nei prossimi anni. Bisogna che questo accada senza cadere in quella che il politologo Americano Graham Allison chiama “trappola di Tucitide”, facendo riferimento alla guerra del Peloponneso, tra Sparta ed Atene. Nella maggior parte dei casi storici nei quali una potenza emergente ha insidiato il ruolo egemone di una potenza dominante, il conflitto è sfociato in una guerra. Il nostro destino però non è scritto negli astri, non è segnato, dipende dalle scelte degli uomini. Non sta scritto da nessuna parte che la nascita di un nuovo equilibrio tra le grandi potenze debba passare per forza attraverso una nuova guerra tra USA e Cina, che diventerebbe inevitabilmente globale e rischierebbe di distrugge il Pianeta. È meglio costruire il nuovo ordine mondiale con metodi pacifici, ed in questo processo quella Grande potenza civile che è l’Europa, con la sua storia, la sua cultura politica e giuridica e la sua antica civiltà, potrà giocare un ruolo determinante, se sarà unità. Dentro un’Europa Unita anche l’Italia può avere un peso determinate. Rispondendo poi alle domande degli studenti il docente ha trattato anche il tema del MES, affermando che è un argomento che solo in Italia trova un dibattito così isterico. Questo dovrebbe insegnare agli italiani ad individuare quali sono i temi realmente cruciali per il loro futuro e a non perdere tempo accapigliandosi inutilmente attorno a quelli marginali, confondendo ingenuamente le cause con gli con gli effetti. «I medici che salvano le persone non curano i sintomi, curano le malattie», ha aggiunto Pagani.
«Se nelle democrazie il dibattito politico so concentra su visioni di breve periodo – ha proseguito Pagani – i politici usano inevitabilmente la demagogia carpire la fiducia dei cittadini ed ottenerne il consenso, ma non fanno un buon servizio al loro Paese, né fanno del bene alle democrazie.
Il vantaggio competitivo dei Paesi autoritari consiste proprio nella possibilità di programmare e progettare il futuro su una dimensione temporale più lunga della durata di una legislatura. Se vogliamo proteggere le democrazie liberali dalle loro pulsioni autodistruttive dobbiamo imparare a pensare anche noi con un orizzonte temporale più lungo di quello che passa tra una campagna elettorale e l’altra. I progetti che producono innovazioni e trasformazioni reali e profonde per la vita delle persone richiedono più tempo di una campagna pubblicitaria ed hanno un maggiore respiro. Serve meno tatticismo ed una reale visione strategica». A tal proposito, il docente ha proposto l’esempio dell’introduzione della tecnologia 5G nelle telecomunicazioni: «decidere da quali fornitori le società di telecomunicazioni acquisteranno la tecnologia di rete è come scegliere a quale vicino affidare le chiavi di casa, sperando che questo sia animato sempre da buone intenzioni. Il dibattito sull’opportunità o meno di utilizzare tecnologia Huawei non è infondato, perché bisogna scegliere tra economicità, efficienza tecnologica, e rischi per la sicurezza delle informazioni e dei sistemi. Per valutare correttamente quali sono i pericoli reali che ne discendono è necessaria una classe politica e che conosca realmente i problemi tecnici e che sia capace di imaginare e precedere quelli che saranno le conseguenze e gli sviluppi futuri delle scelte che deve compiere. Pertanto, c’è bisogno di competenze, di informazioni corrette e puntuali, e soprattuto di una classe politica adeguata al suo compito e lungimirante».