Già dopo qualche pagina di lettura, un attento seguace di Jane Austen, anche se ha fra le mani una traduzione e non il testo in lingua originale può rendersi conto di quanto questo romanzo si inserisca nella fase sperimentale e rudimentale della sua produzione. Si intravedono le tematiche e anche gli stereotipi dei personaggi che verranno limati accuratamente solamente col passare del tempo, e anche la sottile ironia e l’avversione verso alcune classi sociali della sua epoca sono affrontate in maniera blanda.
Bisogna precisare comunque che è l’unico scritto proposto usufruendo della forma epistolare. Moda letteraria in voga all’epoca, grazie a Choderlos De Laclos, che nel 1782 scrisse Le Relazioni pericolose. Anzi, aggiungerei che il personaggio di Lady Susan sotto molte sfaccettature ricorda la marchesa di Merteuil di C. De Laclos, sfrenata libertina senza scrupoli, intenta solamente al pettegolezzo e a concretizzare “piani” economici brillanti.
Questa fondamentalmente è Lady Susan: spietata, priva di senso materno, arrivista, affabulatrice. Le riesce bene recitare il ruolo di “prima donna”, grazie anche alle sue doti fisiche. Nonostante sia vedova e non più nel fiore della giovinezza ( 35 anni), riesce con perspicacia ed eloquenza oratoria ad ammaliare i suoi pretendenti, molti dei quali si erano avvicinati a lei semplicemente per poter ammirare curiosi, questa donna così sicura di sé , malvista da tutti i salotti “da bene” di Londra e contee.
Lady Susan è l’unica madre dei personaggi di Jane Austen a disprezzare vistosamente la propria figlia. Nei successivi romanzi invece la figura materna, sebbene abbia come unico scopo nella vita la ricerca di matrimoni vantaggiosi per le proprie figlie, ( si noti Mrs Bennet di Orgoglio e pregiudizio, che praticamente, essendo a conoscenza delle precarie condizioni economiche della famiglia, vive cercando di accasare le sue cinque figlie, dal momento che la legge dell’epoca, in mancanza di un erede maschio, proibiva alle donne dopo la morte dei genitori di poter ereditare possedimenti paterni, che cadevano nelle mani di qualche cugino più fortunato).
Ma tornando a Lady Susan bisogna inoltre evidenziare anche il modo in cui cerca di “accaparrare” dei pretendenti per la figlia: ossia flirtando con gli stessi, allontanandoli da altre ragazze verso cui si era resa conto che potessero mostrare interesse. Sta di fatto che decide in maniera autoritaria che sua figlia Frederica dovrà sposare Mr Martin, che sebbene sia benestante, è riconosciuto anche dagli altri personaggi del romanzo quanto sia poco socievole e ingenuo. La tematizzazione del cosiddetto “sciocco ma di buon partito”, sarà largamente diffusa nel romanzo Mansfield’s Park.
Frederica Vernon figlia di Lady Susan, sebbene inizialmente sia stata screditata a causa della cattiva aura della madre e del poco impegno che investì per la sua educazione, si rivelerà nel corso del romanzo, come la candida eroina, divoratrice di libri, per nulla arrivista. È il prototipo di personaggio che rappresenta l’aspetto più irragionevole dell’essere donna agli inizi del XIX secolo, dal momento che confida nella ricerca di rapporti umani che vadano al di là degli interessi economici, ma coltivati ed eventualmente apprezzati solo in nome di ciò che sono capaci di donare. È per questo motivo che cerca in ogni modo di allontanare Mr Martin, rifiutando la sua proposta di matrimonio sin dall’esordio della trama.
Non è un personaggio decisamente schietto e anticonformista come Elisabeth Bennet di Orgoglio e Pregiudizio, determinata nel rifiutare ben due proposte di matrimonio al fine di fare valere la propria dignità di donna, capace di andare oltre la consuetudine e disposta a voler provvedere al proprio mantenimento mediante la scrittura, attività scandalosa per il gentil sesso all’epoca e poco consigliata, dal momento che non faceva che riempire la mente di troppe idee che una buona moglie e madre di famiglia non poteva e non doveva assolutamente coltivare. Frederica è di conseguenza il cartone preparatorio dell’eroina, della futura Jane Austen che aleggerà tra le pagine e nei panni di molti suoi personaggi futuri.
Lo scenario storico dell’epoca è del tutto assente, invece nella sua produzione futura sarà bersagliato e preso di mira costantemente, con precisi riferimenti alle guerre Napoleoniche e agli eserciti britannici, così poco raccomandabili.
Altro topos assente è quello della figura paterna: nei restanti scritti aleggerà lo stereotipo del padre intento sì ad accasare le proprie figlie, ma anche troppo irretito nel suo mondo fittizio, spesso rintanato nella biblioteca di casa.
Altra divergenza con la restante produzione: il finale. E’ l’unico romanzo in cui la trama viene sciolta e portata a compimento dopo lettere e lettere, in maniera approssimativa. In poche righe si svelano le sorti dei personaggi e il lieto fine. Anche da questo punto di vista ci si accorge di esser di fronte ad una prosa rudimentale. Tutti i seguenti lavori presenteranno lo scioglimento degli intrecci e della trama in maniera dettagliata, in cui verranno scandagliati i cambiamenti avvenuti nell’animo e nel comportamento dei protagonisti. Non è un caso infatti che Lady Susan fu l’unico lavoro rimasto inedito. Venne reso noto postumo dal nipote della scrittrice assieme ad altre bozze incompiute e giovanili.
È un romanzo a mo’ di esercizio, un cartone preparatorio, un canovaccio di idee e di tematiche sapientemente messe a fuoco negli anni a venire, e forse anche per questo Jane Austen stessa decise di non affidarlo alle stampe.
Come quasi ogni autore che si rispetti, preferì rinnegare i lavori primordiali, sebbene dai posteri saranno lodati e fondamentali per la comprensione totale della produzione e dell’evoluzione contenutistica e stilistica. In generale i ghiribizzi giovanili in molti casi venivano o ripudiati o accantonati nel dimenticatoio, poiché resi in maniera più complessa e soddisfacente in età matura. Andando a spulciare tra le opere inedite della Austen , (ma in quelle di qualsiasi scrittore o poeta), non si fa altro che lavorare sui suoi “scartafacci”, lavoro di analisi di fondamentale e concreta importanza. La critica non può avvalersi semplicemente di lavori conclusi e affidati alle stampe. E’ necessario scandagliare anno per anno, tappa per tappa i cambiamenti avvenuti nell’autore, a prescindere da ciò che lui autorizza e pubblica. Spesso le chiavi di lettura e di interpretazione più profonda sono nascoste nelle postille, nelle bozze, nelle note private. In tutto quel materiale saltato fuori postumo. Da questa digressione si accerta la coesistenza dialettica fra critica e filologismo, anche se che sotto certi aspetti sembra esserci una dicotomia netta fra le due “scienze”, entrambe sono funzionali ed imprescindibili. Ogni filologo ha in sé del critico e viceversa.
Alessandra Pappaterra