E’ una donna che incanta Assunta Signorelli. Il suo modo di fare, la sua eleganza, i suoi capelli bianchi striati di viola, hanno il potere di catalizzare l’attenzione con poche semplici parole. Attenzione che, in un dibattito aperto agli esperti di Psichiatria e agli studenti di Scienze Politiche e sociali, come quello avvenuto lo scorso giovedì 3 dicembre presso l’Università della Calabria, è tutt’altro che naturale. Si parla del libro “Donne, Psichiatria e Potere” scritto dalla stessa Signorelli, nel quale si racchiudono le riflessioni, le critiche ma anche le sconfitte e le frustrazioni che si generarono a partire dalla rivoluzione psichiatrica avviata negli anni ’60 e poi culminata con l’emanazione della legge 180.
Un libro nel quale sono racchiusi, a dire della stessa autrice, i graffi di un’esperienza forte e dirompente come quella vissuta al manicomio “Papa Giovanni” e del “San Giovanni” di Trieste, alla cui chiusura collaborò la stessa autrice. Una femminista convinta, una psichiatra sui generis che, racconta Renate Siebert, autrice della prefazione e presente all’incontro, amava girare negli ospedali vestita della stessa eleganza che la accompagna giornalmente, con i suoi gioielli e i suoi abiti colorati. “Un modo per offrire spunti di argomentazione partendo dalle cose più semplici”, le avrebbe confidato una volta la Signorelli, la cui intelligenza e sensibilità appare evidente sin dalle prime battute. “Non mi è mai interessato vincere, tra vincere e perdere preferisco esistere poiché quando si perde si soffre e morendo si vince di nuovo attraverso la rinascita.” Si definisce una donna molto passionale, incapace a gestire le mezze misure, proprio come la Calabria, la terra che almeno una settimana al mese deve ospitarla ma “nella quale non riuscirei a vivere”. La Calabria le piace perché è la terra delle contraddizioni, quella dove chi predica bene se razzola male finisce col tacere e non si può mai stare in mezzo al guado.
La sua analisi parte, risiede e finisce sempre con loro, le donne. “Le eretiche, le cagne sciolte, le transessuali” che oggi, rispetto a ieri, vivono la condizione del loro “moltiplicarsi” in modo assai diverso rispetto al passato. L’esperienza del Papa Giovanni, il manicomio non manicomio dell’Appennino Calabrese che per anni, racconta Assunta Signorelli, in molti hanno fatto finta di non vedere, sul quale per molto tempo si è interrogata chiedendosi cosa fare. Un’esperienza intrisa di cattiva politica che ha visto Assunta Signorelli impegnata in prima linea nel tentativo di salvataggio di oltre 250 anime, delle quali poi solo una netta minoranza è sopravvissuta. Il potere della psichiatria e il coraggio misto alla determinazione di una donna la cui grandezza e umiltà si racchiude nelle sue ultime parole: “Mi sono sempre chiesta, avendo a che fare con i “matti”, se davvero erano loro a non essere “normali” o semplicemente io a non essere in grado di comprendere. In fondo il problema della comunicazione è sempre lì. C’è chi lancia un messaggio e chi, a volte, non lo comprende.”