Cento anni di inconscio all’Unical

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recalcatiRende(Cs) – «Quando  Sigmund Freud pose il proprio nome accanto a quello di Copernico e Darwin fu per mostrare chiaramente la portata della sua invenzione. Così come i due avevano inflitto un duro colpo al narcisismo umano- il primo mostrando la centralità del sole e il movimento della terra intorno ad esso, il secondo mostrando che l’uomo deriva dalle scimmie-, Freud infligge la terza umiliazione: non trovandosi più al centro nel cosmo e non potendo vantare una origine divina, l’uomo non può più dirsi «padrone in casa propria». L’inconscio freudiano- animatore che parla, ci interroga, suggerisce soluzioni- è colto, lucido e a volte oppressivo, sottrae all’uomo ogni padronanza fino a farlo sentire ospite in casa propria. Dire «l’inconscio è freudiano», non significa attribuire a Freud una scoperta già esistente ma dargli merito di aver inventato qualcosa che prima non esisteva. Corpi isterici, lapsus, rituali ossessivi, sogni, motti di spirito sono i personaggi cinematografici che entrano in scena perché Freud li sottrae all’insensato per restituire loro un senso», scrive Massimo Recalcati in “Introduzione alla psicoanalisi contemporanea”. A cento anni dalla pubblicazione del saggio freudiano “L’inconscio”, il dipartimento di Studi Umanistici dell’Università della Calabria – su iniziativa del Centro Studi filosofia e psicoanalisi dell’ateneo- ha dato il via a tre giorni di convegno intitolato “L’inconscio ha cento anni”. Nato dall’idea di Felice Cimatti e Fabrizio Palombi, entrambi docenti dell’Università della Calabria, il convegno- sapientemente gestito dallo staff  composto da Giusy Gallo, Ivan Rotella, Deborah De Rosa, Anna Adamo e Pietro Garofalo –  ha ospitato noti psicoanalisti e studiosi provenienti da tutta Italia. Articolato in  quattro sessioni sull’inconscio e la sua influenza in campo filosofico, cinematografico e  letterario, il convegno si è aperto venerdì 15 maggio alle ore 15.00 presso l’Aula Magna “Beniamino Andreatta”. Dopo i saluti del rettore Gino Mirocle Crisci e del direttore del dipartimento di Studi Umanistici Raffaele Perrelli, Fabrizio Palombi ha presieduto la prima sessione dedicata all’inconscio in generale. Il primo relatore è stato Massimo Recalcati che ha incantato il vasto pubblico con una relazione intitolata “ Inconscio e responsabilità” . Massimo Recalcati  dopo aver descritto l’inconscio oracolare di Freud (la tragedia “Edipo re” di Sofocle ne è un esempio), si sofferma sulla necessità dell’Altro( i nostri genitori) che in qualche modo respinge il nostro destino. L’Altro di Lacan è il campo del linguaggio e , l’essere umano, vi si trova iscritto ancor prima della sua nascita. L’Altro agisce quindi sul bambino a causa delle leggi dell’Altro che anticipano la sua nascita. Lo sviluppo del bambino avviene quindi all’interno della struttura, da cui questo dipende. Ed essendo dipendente, il bambino all’Altro che vengano soddisfatti i suoi bisogni e che venga risposto alla sua unica domanda: è una domanda d’amore, di desiderio dell’Altro, perché è il desiderio dell’Altro che dà un senso al bambino Quindi il bambino domanda all’Altro che gli doni il suo desiderio: desidera il desiderio di lui che sta nell’Altro. Ma perché il soggetto desidera proprio il desiderio dell’Altro? Per il semplice fatto che potrebbe non essere desiderato. Sotto questa luce, il desiderio risulta essere una mancanza di qualcosa, ciò che Lacan definisce «mancanza ad essere». È poi la volta di Manuela Fraire con “L’inconscio ha cento anni ed è in buona salute”, Ida Dominijanni ( in collegamento Skype dalla Cornell University)con “Soggetto dell’inconscio, inconscio della politica”) ed infine Felice Cimatti autore di una relazione poliedrica dal titolo “ L’inconscio cento anni dopo”. Felice Cimatti si sofferma su un anno, il 1915 anno paradigmatico che fa da spartiacque tra un corpo “pre-freudiano” ed un corpo “post-freudiano” diviso in due dall’inconscio e da questo comandato. L’inconscio, costituito da moti di desiderio, è atemporale, soggetto al principio di piacere, esente da contraddizione. È un inconscio che spaventa, proprio come gli immigrati, ma è una forma di vita che si costituisce in seguito a quella rottura, è una forma che si aggiunge dall’esterno, è una forma di vita che vive. La prima sessione del 16 maggio inizia alle 9.30 all’University Club ed è dedicata al rapporto tra inconscio e letteratura. Presieduta da Raffaele Perrelli si apre con l’intervento di Romano Luperini  “Freud, Weiss e gli scrittori triestini. Il caso di Saba” che descrive Trieste come l’epicentro di diffusione  della psicoanalisi e città natale di Umberto Saba paziente di Weiss, la cui poesia e prosa si inseriscono in una dimensione psicoanalitica anche grazie all’influenza freudiana. A seguire Alessandra Ginzburg con “Inconscio simmetrico, metafora e analogia nella Ricerca del tempo perduto”, Renzo Bragantini con “Vincitori e vinti. Tasso tra seduzione del diverso e costruzione epica”; Fabio Stok e “Freud, l’esplorazione dell’antichità”; e Alberto Lucchetti che descrive la situazione antropologica fondamentale. La sessione pomeridiana, dedicata al cinema, è presieduta da Roberto de Gaetano. La prima relazione è quella di Claudia Mangiarotti che illustra il “ Giovane favoloso” di Mario Martone in chiave psicoanalitica; Daniela Angelucci con “Tra la mano e il metallo. Freud, Benjamin e l’inconscio ottico”; Rosamaria Salvatore con “L’inconscio e lo sguardo nell’epoca della trasparenza”; Lucilla Albano con “Un’inquietante intensità: il fermo fotogramma  di L’Année dernière à Marienbad di Alain Resnais” e infine Bruno Roberti  che ha analizzato il film “Sogno di un prigioniero”.di ciaccia L’ultima sessione, sull’inconscio filosofico, si è tenuta questa mattina alle ore 9.30. La sessione presieduta da Pio Colonnello si è aperta con la lectio magistralis di Antonio Di Ciaccia allievo diretto di Jacques Lacan. Sulla scia del motto lacaniano «Non si parla allo stesso modo stesi, in piedi o seduti”, Antonio Di Ciaccia ha tenuto la sua relazione “Il parlessere” in piedi. Nel Seminario “Ancora”, Jacques Lacan torna alla questione del corpo e allude al vivente come la condizione primaria del godimento e al corpo come suo supporto. Questo godimento è il reale che costituisce il «mistero del corpo parlante». Di conseguenza, il soggetto, lascia posto al parlessere, l’individuo parlante nel suo particolare essere di godimento, soggetto del corpo godente. A seguire: Bruno Moroncini , Michele Borrelli, Francesco Saverio Trincia e Pietro Bria. Infine un vivace dibattito perché l’inconscio ha tanto da dire e il convegno ne è stata la prova.

Rita Pellicori

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