COSENZA – Pochi, decisamente troppo pochi gli eletti che hanno avuto la possibilità di assistere all’inaugurazione del quarantesimo anno accademico dell’Unical e soprattutto al conferimento della laurea honoris causa in Filologia Moderna all’inarrivabile Roberto Benigni.
Inarrivabile è la parola più esatta, se si considera la folta e immotivata schiera di agenti polizia che asserragliava l’accesso del teatro. Verrebbe quasi da dire severamente vietato l’ingresso ai cani e agli studenti, anche se qualche cucciolo, che è solito popolare il campus, ha avuto l’inconsapevole fortuna di gironzolare nello spiazzale circostante.
Questo non ha di certo intimorito alcuni studenti che armati di megafono e volantini non hanno perso l’occasione per esperimere il proprio dissenso per la mancata partecipazione all’evento, ma la disapprovazione ha assunto tonalità un po’ più accese quando l’oggetto della stessa passa da Roberto Benigni “solo per pochi” alla noncuranza dei vertici dell’università verso i problemi reali che continuano a tormentarla.
A movimentare ulteriormente la cerimonia sono state le Iene con l’incursione a sorpresa di Angelo Duro, il cantante senza pubblico, che dopo aver provato a fargli cantare una canzone ha tentato il tutto per tutto baciandolo in bocca.
Ad ogni modo Benigni diventa (dopo una prima laurea in Filosofia e una seconda in Lettere) per la terza volta dottore questa volta in Filologia Moderna per sottolineare la sua assoluta importanza nella divulgazione al grande pubblico della Divina Commedia nei teatri così come nelle piazze.
La sua Lectio Magistralis spazia in luoghi sfumati e cristallini, in tempi di oggi e di altre età, Dio, l’arte, la scienza, la politica, Dante, il libero arbitrio, la poesia, tutte argomentazioni legate l’un l’altra da un solo e unico filo conduttore che è la parola.
Piccola, invisile ma così onnipotente quasi divina nel placare la paura, nel rimuovere il dolore, nell’infondere gioia. E’ difficile non lasciarsi trasportare in questi suoi interminabili viaggi semantici così poetici e così ironici, del resto è l’umorismo il modo migliore per dimostrare che si fa sul serio e Benigni questo lo sa bene.
Il neo-dottore decide di terminare la sua lezione nel modo che gli è più congeniale, recitando il suo Dante, il canto trentatreesimo del Paradiso, quello della Vergine Maria, in un silenzio devoto e a tratti commosso si muove abile tra quei versi che continuano ad entusiasmarlo come se li recitasse per la prima volta.
Sarebbe bello che tutti quelli che lo hanno ascoltato ieri, nelle frenesie delle proprie quotidianità continuassero a ripetersi anche nei giorni successivi i versi con i quali Benigni c’ha salutato…“L’Amor che move il sole e l’altre stelle”, perché spesso ci possono salvare solo le parole.
Gaia Santolla