La Federazione Nazionale Insegnanti ha organizzato in Calabria un convegno dal titolo “Professione docente: work in progress per l’Europa”. Intenso e di alto livello il programma delle relazioni programmate nell’arco dei due giorni di congresso, in cui si è saputo unire i tanti saperi che compongono il sistema scolastico con le tante rappresentanze che compongono questo fondamentale settore della società civile. Oltre l’intervento della presidente nazionale Gigliola Corduas, che ha parlato di “Insegnanti ben formati per una scuola efficace”, sono seguite le relazioni dell’avvocato Claudio De Luca e del dirigente del MIUR, Maurizio Piscitelli. Il rappresentante ministeriale ha parlato, in particolare, dell’importanza “della formazione dei docenti nella scuola che cambia”. Di rilevante valore formativo anche le relazioni di tre stimati e popolari formatori: Giuseppe Spadafora, dell’Università della Calabria, che si è distinto con un intervento su “Il docente per una scuola europea”; di Achille Notti, dell’Università di Salerno, che ha relazionato su “La valutazione dei processi e dei sistemi in campo formativo” e del prof. Domenico Milito, dell’Università della Basilicata, cui è stata affidata la chiusura di queste due giornate di alta formazione al corpo insegnante. Al termine dei lavori congressuali, il giornalista Valerio Caparelli ha moderato una tavola rotonda sul tema “della funzione docente di fronte alle criticità in campo normativo”, che ha visto la partecipazione delle più importanti sigle del settore. Dal convegno nazionale è venuto fuori che la scuola italiana è una scuola che non si arrende, che vuole andare avanti migliorando, innanzitutto, le competenze e la preparazione dei suoi insegnanti. Sono loro, infatti, che devono imparare a relazionarsi con il loro sapere ai bisogni info-formativi delle nuove generazioni. Il docente, in prospettiva europea, ma sarebbe più giusto dire rispetto ad uno scenario globale, deve essere sempre più il vero protagonista della scuola del futuro. Il mondo della scuola, purtroppo, non è stato considerato e menzionato nei programmi elettorali dei vari partiti politici. Ed anche per questa ragione, in una scuola che cambia velocemente, è dovere di ogni insegnante, e di tutte le organizzazioni associative e sindacali che li rappresentano, credere nella propria missione, puntando sempre più nell’azione formativa. Oggi, l’Università italiana, da sola e per i tanti tagli amministrativi subiti, non riesce più ad espletare bene la sua funzione di organismo deputato alla formazione dei formatori. Per ovviare a questo deficit organizzativo e istruttivo, è necessario rilanciare la ricerca pedagogica e il campo delle scienze dell’educazione. In particolare, nel Sud Italia, dove si avverte maggiormente il divario con il resto d’Europa. Dai lavori del convegno nazionale della FNISM sono emersi ed affrontati, inoltre, tutti i temi di maggiore rilevanza innovativa nell’ambito della scuola, partendo da una disamina cosciente dello stato della qualità dei servizi erogati e della formazione proposta alle nuove generazioni. I tanti interventi registrati hanno evidenziato il bisogno di elevare il grado di conoscenza degli insegnanti, che devono essere continuamente ben formati, al fine di riorganizzare il sistema italiano dell’istruzione verso una scuola efficace rispetto agli standard qualitativi delle altre realtà scolastiche europee. Dal convegno di Amantea (CS) è emerso chiaramente che bisogna verificare, innanzitutto, quale deve essere il punto di partenza per tutti gli operatori della didattica e in quale direzione indirizzare oggi il piano di revisione della scuola italiana all’interno del sistema scolastico europeo. Questo sistema, agli Stati membri che ne fanno parte, richiede di intervenire con azioni mirate in favore della costruzione dei nuovi cittadini comunitari del futuro. Per fare questo, però, è fondamentale riorganizzare la valutazione dei processi e dei sistemi espressi in campo formativo e di appropriarsi di un nuovo atteggiamento scientifico nella formazione dell’insegnante. Una valutazione che deve avvenire a più livelli e che deve chiedersi: cosa fa l’insegnante da solo, nell’insieme del corpo docente e, contestualmente, all’interno dello stesso sistema scolastico di appartenenza? Facendo attenzione a che l’autovalutazione non appaia come una forma di autoassoluzione. Il docente di oggi, pertanto, deve mettersi in discussione e farsi una disamina interna oggettiva per comprendere se le sue conoscenze, insieme al suo stato d’animo e alle sue convinzioni politiche e sociali riescono ad incidere nel percorso formativo dell’allievo: un’azione che deve essere sempre controllata e monitorata, che non può mai deviare e che non deve suggestionare il discente, con un eventuale rischio di plagio. L’insegnante, in conclusione, ha il ruolo di far ragionare i discenti sui saperi, perché oggi le informazioni sono ovunque e bisogna dotare i ragazzi italiani degli strumenti utili per saperle interpretare.