Riforma Scuola, gli insegnanti calabresi depositano mozione in Consiglio Regionale

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Il giorno di Ferragosto i docenti calabresi hanno depositato una mozione in Consiglio Regionale perché sia adita la Corte Costituzionale contro la Riforma della Scuola del Governo Renzi.11733812_698007236997874_1986027308_o

Dopo la richiesta di un appuntamento ufficiale, non ancora concesso, fatta al Governatore della Regione, I docenti hanno elaborato e condiviso una mozione, indirizzata al Presidente della Giunta Regionale Mario Oliverio e al Presidente del Consiglio Regionale, Nicola Irto, per promuovere la questione di legittimità costituzionale, ex art.127 comma secondo della Costituzione davanti alla Corte costituzionale, contro la Legge 107/2015, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 13 luglio.

I promotori dell’iniziativa, Comitato per la scuola della Repubblica – Catanzaro e provincia, gli “Insegnanti Calabresi”, il Movimento Docenti Autoconvocati di Cosenza, i Comitati docenti di Vibo, Crotone, Reggio Calabria, hanno richiesto al Presidente del Consiglio Regionale l’inserimento della mozione all’ordine del giorno della seduta del 31 agosto.

La mozione va inserita con urgenza, poichè il 13 settembre 2015, scadranno i termini per la proposizione del ricorso della Regione Calabria .

Secondo i promotori dell’iniziativa, questa Riforma della scuola lede le competenze regionali ed è un oltraggio alla Costituzione, di cui tradisce numerosi principi. In particolare si individuano violati gli articoli 3 e 33 della costituzione laddove non viene garantito il diritto allo studio e la libertà di insegnamento nel momento in cui tale diritto dipenderà dalle disponibilità economiche degli enti locali, sui quali graverà parte della gestione delle attività scolastiche, e dagli orientamenti dei dirigenti scolastici, che proprio in virtù dei “super poteri” di cui saranno investiti, potrebbero anche essere portati a scavalcare i ruoli e le competenze delle stesse amministrazioni regionali.

Ma la riforma avrebbe ripercussioni notevoli anche sul piano sociale ed economico della regione, laddove l’esodo di massa al quale sono di fatto stati costretti i precari con il ricatto dell’immissione in ruolo, genererà un disfacimento dei nuclei familiari, specie ove vi siano casi di disabilità non più tutelati dalla 104, e una notevole perdita di gettito fiscale e contributivo andando di fatto a ledere le competenze regionali in materia di “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali“, di cui all’art. 117 della Costituzione.

Come già avvenuto in altre regioni d’Italia nelle quali docenti e movimenti politici hanno già avviato il livello di discussione su tali procedimenti di ricorso, si chiede in buona sostanza che anche in Calabria si avvii in tempi brevi un dialogo fra istituzioni e parti sociali. Pertanto una delegazione di promotori dell’iniziativa prenderà parte alla seduta del Consiglio Regionale del 31 agosto per sostenere la mozione e vigilare sull’operato dell’organo collegiale.

Di seguito pubblichiamo la mozione originale:

“Presentata in aula in data 31/08/2015       

 AL SIGNOR PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE DI Calabria

​​​​                                                         SEDE

​​​​Oggetto: MOZIONE URGENTE EX ART. 10  REG. CONSIGLIO REGIONALE.

 Incostituzionalità della legge statale n°107 recante: “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”

 Il Movimento Docenti Autoconvocati – Cosenza, il Collettivo Insegnanti calabresi – Lamezia, il Comitato x la Scuola della Repubblica – Catanzaro e provincia, il Comitato docenti Crotone, il Comitato docenti Vibo Valentia,   ai sensi della disposizione regolamentare riferita in oggetto, con la presente:

 

PREMESSO CHE

  • in data 15 luglio 2015 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge statale n°107 recante: “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”;
  • il secondo comma dell’articolo 127 della Costituzione stabilisce che «La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un’altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto avente valore di legge.»;
  • la materia «istruzione» rientra, a norma dell’articolo 117, terzo comma, tra le materia di legislazione concorrente;
  • la Corte costituzionale, con giurisprudenza costante, ha ritenuto ammissibili le questioni di legittimità costituzionale prospettate da una Regione, nell’ambito di un giudizio in via principale, in riferimento a parametri diversi da quelli, contenuti nel Titolo V della Parte seconda della Costituzione, riguardanti il riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni, quando sia possibile rilevare la ridondanza delle asserite violazioni su tale riparto e la ricorrente abbia indicato le specifiche competenze ritenute lese e le ragioni della lamentata lesione (ex plurimis, sentenze n. 22 del 2012, n. 128 del 2011, n. 326 del 2010, n. 116 del 2006, n. 280 del 2004);
  • i commi 180 e 181 della legge 107 del 2015 delegano al governo l’esercizio della potestà legislativa con riferimento a nove distinti e rilevanti ambiti riconducibili alla materia istruzione;
  • deve rilevarsi il vulnus di costituzionalità riscontrabile nelle deleghe conferite, peraltro vaghe, in materie che rientrano nella competenza legislativa concorrente; l’articolo 76 della Costituzione, infatti, subordina la legittimità della delega legislativa alla fissazione dei principi e criteri direttivi, ciò rende assai problematico che l’oggetto della delega stessa possa, a propria volta, essere costituito da principi: e, cioè, da determinazioni della stessa natura di quelle che dovrebbero guidarne la formulazione. Senza contare che questi ultimi (i principi – se così può dirsi – al quadrato), essendo finalizzati alla formulazione di altri principi, verrebbero fatalmente ad assumere un carattere di assoluta evanescenza (tanto più se – come nella specie – dovessero riferirsi ad una serie di materie diverse, fortemente eterogenee l’una dall’altra).
  • Ulteriori profili di legittimità costituzionale da eccepirsi riguardano la limitazione della libertà di insegnamento con presunta violazione dell’articolo 33 nonché la disparità di trattamento tra i docenti immessi in ruolo sino all’anno scolastico in corso e coloro i quali saranno immessi in ruolo in base alle norme introdotte dalla legge che si contesta; aspetti che, quanto meno astrattamente, sono in palese violazione dell’articolo 3;
  • dubbi di legittimità costituzionale, per violazione del combinato disposto degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione, riguardano, inoltre, la disposizione di cui al comma 110 nella parte in cui, con riferimento ai concorsi pubblici, dispone con riguardo ai soggetti che possono accedere alle procedure, che per ciascuna classe di concorso o tipologia di posto possono partecipare solo i candidati in possesso del relativo titolo di abilitazione mentre non può partecipare il personale docente ed educativo già assunto con contratto a tempo indeterminato nelle scuole statali;
  • Il Presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione, prof. Ferdinando Imposimato, ha individuato numerosi conflitti della legge 107 con gli artt. della Costituzione 3, 9, 33 ,34, 36, 53,76, 97, per come autorevolmente e analiticamente illustrato nella lettera inviata al Presidente della Repubblica il 9 luglio 2015, allegata alla presente.

 

CONSIDERATO CHE

  • L’art. 117 della Costituzione recita : “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”, i conflitti della legge 107 in materia d’istruzione, che è materia concorrente, con la Costituzione coinvolgono de facto anche la Regione: in particolare,
  • in ordine all’art. 1 comma 73 è configurabile una violazione dell’articolo 3 della Carta Costituzionale rispetto ai principi in esso sanciti di uguaglianza formale e sostanziale. Tale disposizione prevede, infatti, che a partire dall’anno scolastico 2016/2017 il personale docente delle istituzioni scolastiche statali, con contratto a tempo indeterminato, sia destinatario di incarichi triennali proposti dai dirigenti scolastici degli albi territoriali provinciali, ne deriva un’immissione in ruolo scevra di un’effettiva assegnazione di posto che risulta eventuale e appannaggio delle scelte del dirigente scolastico, col rischio che le stesse assumano carattere di arbitrarietà;
  • il principio di uguaglianza richiede che situazioni uguali siano trattate alla stessa stregua e situazioni eterogenee siano trattate in maniera diversa. Nel caso di specie si verrebbero a creare due categorie di lavoratori, astrattamente omogenee, ma con trattamento differente, soprattutto con riferimento alla posizione nei confronti del dirigente scolastico;
  • in relazione all’art.1 comma 33 si ravvisa una violazione degli artt. 3, 4 e 34 della Carta Costituzionale nella parte in cui in relazione all’alternanza scuola – lavoro, si fa esplicito riferimento all’obbligo e non alla mera possibilità di svolgere delle esperienze lavorative; in tal senso è da ritenersi che venga leso il diritto al solo studio, da intendersi come formazione culturale generale e non come formazione tesa a soddisfare le esigenze del mercato del lavoro;
  • in ordine al comma 4 del novellato articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 si profila la lesione dell’autonomia degli organi collegiali a favore di un organo monocratico, il dirigente scolastico. Difatti, il Consiglio di Istituto, diversamente dal passato non definisce gli indirizzi del piano dell’offerta formativa (POF) ma è il dirigente scolastico a dettare gli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di gestione e amministrazione. Prima della novella il Consiglio di Istituto dettava gli indirizzi a cui il Collegio dei docenti si doveva attenere nell’elaborare il (POF), per poi essere adottato dal Consiglio;
  • con il recente intervento normativo il legislatore ha inteso conferire un potere soverchiante rispetto agli organi collegiali in capo al dirigente scolastico, che può respingere le elaborazioni del Collegio o le approvazioni del Consiglio di istituto, qualora non siano conformi agli indirizzi da lui dettati; in tal modo, gli organi collegiali, seppur indirettamente, vengono svuotati delle loro funzioni essenziali. Il collegio, organo tecnico professionale con competenza in ambito pedagogico didattico potrebbe perdere o vedere fortemente depauperate le sue funzioni. In tal guisa, la legge de qua parrebbe realizzare lo scardinamento della distinzione delle competenze, tale scelta va nella direzione di una lesione dell’autonomia scolastica e, quindi, di invasione o lesione di una competenza amministrativa che esula dalla sfera statale e che, quanto meno astrattamente, parrebbe ledere i principi di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione. Tale censura si riverbera sull’autonomia gestionale e amministrativa delle istituzioni scolastiche, generando una significativa compressione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, oltre che contrastare con il generale principio di ragionevolezza. Ma si possono con questo anche prospettare conflitti di competenze fra Regione e Dirigenti Scolastici, laddove il conferimento dei poteri e delle attribuzioni al DS possano invadere quelle preposte alle Regioni
  • Per effetto dell’art. 1, comma 108 della l. 107, che dice: “Per l’anno scolastico 2016/2017 è avviato un piano straordinario di mobilità territoriale e professionale su tutti i posti vacanti dell’organico dell’autonomia, rivolto ai docenti assunti a tempo indeterminato entro l’anno scolastico 2014/2015. Tale personale partecipa, a domanda, alla mobilità per tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale, in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia, di cui all’articolo 399, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, per tutti i posti vacanti e disponibili inclusi quelli assegnati in via provvisoria nell’anno scolastico 2015/2016”, si prevede un esodo di massa dei docenti calabresi verso altre regioni d’Italia del tutto ingiustificato, se si pensa che gli stessi docenti destinatari di tale provvedimento hanno lavorato ad oggi per almeno 36 mesi nelle province di appartenenza su posti scoperti, quasi tutti attualmente disponibili. Ciò comporta un impoverimento della Regione in ordine alle sue risorse economiche, finanziarie (gettito fiscale), umane e culturali, visto che i docenti rientrano nel capitale umano più qualificato del territorio, quindi ne costituiscono un fondamentale potenziale di crescita e sviluppo. In ciò la legge lede le competenze regionali in materia di “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali”, di cui all’art. 117 della Costituzione.
  • Inoltre l’esodo in massa dei docenti previsto per effetto dalla legge 107, art. 1, comma 108 confligge con alcuni dei principi fondamentali dello Statuto Regionale:” il sostegno della famiglia” e “il riconoscimento dei diritti delle fasce deboli della popolazione al superamento delle cause che determinano disuguaglianza e disagio”, art. 3 della Carta Costituzionale. Infatti numerosi sono i casi di famiglie calabresi con portatori di handicap in cui entrambi i coniugi sono interessati dal piano di assunzioni previsto dalla legge 107, che rischiano, senza alcun riguardo alla loro situazione, di essere destinati a province italiane diverse senza poter accettare per mancanza di sostegno economico e sociale, tenendo anche conto che la retribuzione dei docenti, non è adeguata all’ISTAT dal 2009, e ciò infrange anche il dettato costituzionale dell’art. 36.
  • In merito all’alternanza scuola-lavoro, la legge 107 che ne dispone l’obbligatorietà, nei commi 38 e segg. dell’ art. 1, lede la competenza regionale in merito alla formazione professionale laddove il dettato normativo statale non tiene conto dell’effettiva disponibilità sul territorio di enti che possano sostenerne l’attuazione e quindi pone la Regione in obbligo di ottemperare ad una funzione di mediazione tra scuola e territorio con un preciso vincolo orario (200 ore per i licei e 400 per gli istituti tecnici) e di curricolo a prescindere dal livello di fattibilità locale, dalla disponibilità di enti o aziende nelle prossimità delle sedi scolastiche interessate e dunque in modo non rispettoso dell’autonomia prevista dall’art. 117 della Costituzione e del principio di pari opportunità con particolare riguardo ai B.E.S. (Bisogni Educativi Speciali);
  • Relativamente al comma 181, lettera e) punto 4) l’ambiguità del dettato normativo che recita “l’istituzione di una quota capitaria per il raggiungimento dei livelli essenziali, prevedendo il co-finanziamento dei costi di gestione, da parte dello Stato con trasferimenti diretti o con la gestione diretta delle scuole dell’infanzia e da parte delle regioni e degli enti locali al netto delle entrate da compartecipazione delle famiglie utenti del servizio” non definisce il criterio e i principi ispiratori della delega, come previsto dall’art. 76 della Costituzione (“L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti”). Infatti il comma 181, lettera e) punto 4)  lascia aperta al legislatore la possibilità di far gravare il servizio essenziale delle scuole dell’infanzia  direttamente sulle casse degli enti locali e delle Regioni con partecipazione delle famiglie utenti del servizio,  per cui si potrebbe configurare una differenziazione e discriminazione fra le diverse realtà territoriali, di fatto venendo meno ai dettami costituzionali dell’art. 3  (“È compito della Repubblica rimuovere  gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana” principio delle pari opportunità) e dell’art. 33 della Costituzione (“La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”). Tali diritti, in base a questa delega,  non sarebbero garantiti in egual maniera su tutto il territorio e la Regione Calabria si potrebbe trovare di fatto a dover gestire oltre che  l’organizzazione strutturale delle scuole  anche  quella economica con una sperequazione di possibilità di rimuovere gli ostacoli a seconda della disponibilità propria, dei comuni di appartenenza e delle famiglie di provenienza degli utenti.

 tutto quanto innanzi premesso e considerato,

 SI IMPEGNA

IL PRESIDENTE DELLA  GIUNTA REGIONALE E LA GIUNTA REGIONALE

a promuovere la questione di legittimità costituzionale, in via principale, ex art.127 comma secondo della Costituzione innanzi alla Corte costituzionale avente ad oggetto la legge statale n.107, pubblicata in Gazzetta ufficiale il 15 luglio 2015.

Firmato:

Movimento Docenti Autoconvocati – Cosenza

Collettivo Insegnanti calabresi – Lamezia

Comitato x la Scuola della Repubblica – Catanzaro e provincia

Comitato docenti Crotone

Comitato docenti  Vibo Valentia”

 

 

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