LAMEZIA (CZ) – Sono 84 le richieste di condanna e 6 di assoluzione avanzate dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri al termine della requisitoria del processo con rito abbreviato, “Rinascita-Scott” contro le cosche di Vibo Valentia.
Ieri nell’aula bunker di Lamezia Terme, davanti al gup Claudio Paris, dopo le discussioni dei sostituti Annamaria Frustaci, Antonio De Bernardo e Andrea Mancuso, il procuratore Nicola Gratteri ha sostenuto le richieste di condanna.
“I colleghi – ha detto Gratteri – hanno fatto l’esegesi di tutti quelli che sono gli elementi per cui oggi siamo qui”. In particolare sono stati chiesti 20 anni di reclusione per Pasquale Gallone, elemento apicale della cosca Mancuso, considerato il braccio destro del boss Luigi. 20 sono stati chiesti anche per Gregorio Gasparro che comandava, insieme a Saverio razionale e a Rosario Fiaré (imputati nel processo con rito ordinario), la cosca di San Gregorio D’Ippona.
Particolarmente legato a Fiaré, Gasparro lo sostituiva in sua assenza e si occupava, insieme a Razionale, di tenere i contatti con le consorterie alleate.
Altro elemento di spicco della cosca di San Gregorio è Gregorio Giofré per il quale sono stati invocati 18 anni di carcere.
Dieci anni, invece, per l’imprenditore Vincenzo Renda, considerato partecipe nell’articolazione dei Mancuso di Limbadi. Secondo l’accusa Renda direttore tecnico e comproprietario della società “Genco Carmela e Figli srl”, con sede legale a Vibo Valentia, amministratore unico delle società “Calfood srl” e “Itc srl”,entrambe con sede legale a Vibo Valentia, devolveva alla cosca somme di denaro secondo prestabilite scadenza temporali, con vantaggio per i Mancuso di percepire risorse economiche a cadenze fisse e per Renda “sia nell’imporsi sul territorio in posizione dominante, sia nel godere di tutela e protezione dalle possibili aggressioni predatorie da parte di altre consorterie o, comunque, della locale criminalita’”.
Chiesti 20 anni per Domenico Camillò, al vertice della cosca “Pardea-Ranisi” di Vibo Valentia, e per Domenico “Mommo” Macrì, capo, insieme a Camillò, del sodalizio criminale di Vibo Valentia, considerato al vertice dell’ala militare.