E’ possibile raccontare la storia di un popolo, conoscere il passato, anche attraverso il cibo?
Se lo chiedono Fiorenza Gonzales ed Emilia Sannuto, giornalista ed appassionata di enogastronomia, esperto tecnico di oli vergini ed extravergini la prima, e storica dell’arte, storiografa la seconda.
Le tradizioni gastronomiche, perse o ancora in uso, ci permettono di ripercorrere usi e costumi di una determinata popolazione appartenente ad una certa area geografica.
Il viaggio delle nostre protagoniste inizia da Tarsia, uno dei più antichi borghi della bassa Valle del Crati che sorge nel punto in cui il fiume si apre verso la piana di Sibari, noto per essere stato sede, in località Ferramonti, di uno dei più grandi campi di concentramento dell’epoca fascista.
Il territorio a forte vocazione agricola ha vissuto e vive tutt’ora dei principali prodotti della terra: agli uliveti e vigneti presenti, si aggiungono piantagioni di cereali e coltivazioni di ortaggi e, nella vicina zona di Corigliano, agrumeti. Tutti protagonisti assoluti delle tavole degli abitanti, una popolazione di contadini, proprietari terrieri, mezzadri, oltre a famiglie di nobili provenienze.
Le ricette raccolte, alcune delle quali accompagnate da detti e proverbi, sono tratte maggiormente dalla rielaborazione della tradizione orale degli abitanti che raccontano anche un pezzo di vissuto legato soprattutto ad una società basata sulla suddivisione in classi. Le esposizioni che seguiranno saranno descrizioni di ricette usate in particolari ricorrenze dell’anno con un significato ben preciso.
Le ricette saranno talvolta accostate a detti, proverbi, canti, favole, brevi racconti, leggende, un insieme di forme di trasmissione delle usanze, dei riti, delle pratiche, dei gusti, dei comportamenti della popolazione di Tarsia.
Per l’anima dei morti
Perché l’anima dei morti riposi in pace e risalga direttamente in paradiso, ecco due ricette che la tradizione vede ancora sulle tavole imbandite nelle giornate di commemorazione dei defunti perché associate ad un rituale in suffragio delle anime degli estinti.
Si è persa invece la tradizionale richiesta porta a porta da parte dei ragazzi appartenenti ai ceti meno abbienti i quali si recavano presso le famiglie più facoltose che offrivano loro fichi secchi (molto simile all’attuale richiesta “dolcetto o scherzetto” che sta imperversando anche oggigiorno nelle città )
Piccoli pani a forma di pitta che venivano distribuiti nel vicinato in suffragio dei defunti.
Ingredienti:
Farina, acqua, lievito madre e un po’ di sale.
Impastare fino a far risultare il composto liscio.
Fare lievitare. Impastare nuovamente e creare dei piccoli pani, fare il buco al centro, fare lievitare ancora ed infornare (possibilmente in un forno a legna).
Ciciri e laganeddra
Se ne cucinava una grande quantità che veniva distribuita ai meno abbienti. Lo scopo di questo gesto, la distribuzione ai poveri, era analogo ad una preghiera per i defunti o una messa a loro dedicata.
Ingredienti:
per l’impasto: acqua, farina, un pizzico di sale.
per il condimento: ceci, olio evo, pomodori pelati o freschi da sugo, aglio (o cipolla) tagliato finemente, basilico (a piacere), peperoncino (a piacere).
Preparazione:
Fare l’impasto per la laganeddra (tagliatella senza uova), un composto di farina, acqua e sale; lavorarlo molto, fino a farlo risultare compatto e liscio.
Tirare la sfoglia sottile, rotolarla su se stessa. Prendere un coltello e tagliare tanti tronchetti larghi non più di mezzo centimetro.
Intanto dopo essere stati a bagno per una notte, vengono fatti cuocere i ceci nella pignata (tipico contenitore in terracotta dalla forma di un’anforetta), nel camino, accanto alla brace.
Si prepara quindi un sugo leggero a base di pomodori pelati (o freschi) tagliati a cubetti con aglio o cipolla, peperoncino e basilico ( a piacere ).
Far cuocere in abbondante acqua bollente la laganeddra; a cottura ultimata scolare non del tutto la pasta ed aggiungere mescolando uno per volta prima la salsa di pomodoro, poi i ceci lessati insieme alla loro acqua di cottura. Mescolare dolcemente per non rompere la pasta, lasciare riposare pochi minuti e servire.
Fiorenza Gonzales