Una delle produzioni originali Netflix più discusse e attese dell’anno è stata sicuramente la trasposizione live action di Death Note, famoso manga illustrato da Takeshi Obata e scritto da Tsugumi Ōba.
Il film in questione ha sollevato un vero e proprio polverone. Da un lato abbiamo l’accanimento dei fan dell’opera originale, che si sono visti stravolgere il loro manga e anime preferito, dall’altro una ristretta cerchia di persone che trovano senza senso l’idea di valutare il film confrontandolo con l’opera originale, trattandosi di una pellicola “ispirata” al mondo di Death Note. Lasciatemi dire che la verità si trova nel mezzo, per un semplice motivo: Netflix ha puntato al guadagno sfruttando il nome Death Note, facendo leva sull’affetto dei fan del manga e dell’anime. Quindi, se da un lato si dovrebbe giudicare il film come opera a parte, dall’altro è anche giusto che un fan che paga il suo abbonamento possa indignarsi. Del resto si poteva creare un soggetto originale invece di sfruttarne uno arcinoto, perché il confronto viene quasi naturale ed è sacrosanto. In ogni caso creare un film identico al manga o all’anime non avrebbe alcun senso, ma è giusto rispettare almeno il carattere dei personaggi o lo spirito originale.
In ogni caso lasciatemi dire che Death Note di Netflix sarebbe un brutto film, anche se il manga e l’anime non fossero mai esistiti.
TRAMA
Light Turner è uno studente delle scuole superiori. Un giorno si imbatte in unquaderno dai poteri soprannaturali, il Death Note, che è stato lasciato sulla Terra dal dio della morte Ryuk. Il quaderno conferisce a Light il potere di uccidere chiunque scrivendoci il nome e avendone ben presente in testa il volto. Light inizia ad usare il Death Note per uccidere criminali e disonesti, così da creare un mondo dove non ci sia più il male. Le morti improvvise e misteriose però attirano l’attenzione di Elle, un investigatore privato chiamato a indagare sul caso. Light decide di usare il potere a fin di bene, ma perdendo sempre di più il controllo. (fonte Wikipedia)
IL COMMENTO
Partiamo dicendo che il film su Death Note non riesce quasi mai a mantenere salda l’attenzione sul racconto, questo a causa di una gestione narrativa troppo frettolosa e spezzettata, con l’assenza di scene di raccordo che possano rendere più quadrata la psicologia dei personaggi e spiegare le loro motivazioni. Il protagonista non riesce quasi mai a mostrare carisma, sia per problemi di scrittura che recitativi. Nel primo incontro tra Light e Ryuk (interpretato da Willem Dafoe tramite motion capture) abbiamo un Nat Wolff quasi imbarazzante, che ha una reazione che sembra uscita da uno Scary Movie. In ogni caso l’attore non riesce mai ad attirare l’attenzione su di sé in modo positivo.
In generale si nota una direzione attoriale non proprio eccezionale, anche nel caso di L, interpretato da Keith Stanfield, che sicuramente avrebbe potuto dare qualcosa in più al personaggio. Le cose peggiorano se pensiamo al carisma del Light originale (qui totalmente assente) e alla pacatezza di L (che qui perde la calma in continuazione). Il personaggio che più si avvicina alla controparte originale è quello di Mia (Misa Misa nell’anime e nel manga), interpretata da Margaret Qualley, ma è il suo rapporto con Light ad essere stato stravolto a favore di una fastidiosa love story con elementi da classico teen movie.
Nel complesso il film non offre nessuno spunto interessante su cui riflettere, toccando velatamente la tematica sulla giustizia del manga originale. Inoltre abbiamo un finale che lascia solo un gigantesco:
“E QUINDI??”
COMPARTO TECNICO
Anche sul lato tecnico non abbiamo un film eccezionale.
Non si potrebbe neanche definire “da mestierante” la regia di Wingard, che non offre nessuna trovata stilistica particolare, tranne qualche bella inquadratura a diaframma apertissimo (quindi con uno sfocato molto accentuato avanti e dietro al soggetto). Diciamo che il regista si limita a svolgere il suo compito, anche considerando una fotografia generalmente “normale” per tutto il film. Abbiamo inoltre qualche rallenty veramente troppo ostentato, soprattutto nel finale.
Sul lato musicale ci sono delle trovate veramente infelici, come l’inserimento di pezzi totalmente fuori contesto considerando il tono del film, come una “The Power Of Love” nel rallenty sopracitato (o altre canzoni simili). Effetti visivi non eccezionali, anche per lo stesso Ryuk, spesso posizionato in zone d’ombra per coprirne i difetti.
IN CONCLUSIONE
Death Note di Netflix può essere considerato come un fallimento quasi totale.
Speriamo che Netflix si concentri sulla creazione di storie originali, perché questo film è l’ennesima dimostrazione di quanto sia difficile americanizzare un’opera giapponese.
Antonio Vaccaro