Le antiche tradizioni legate alla produzione e all’utilizzo dell’olio sono tracciabili sin dalle antiche civiltà.
COSENZA – Nei primi popoli italici, infatti, l’olivo simboleggiava la fertilità dell’uomo e della terra e anche a Roma la pianta era venerata, dal momento che i suoi frutti venivano usati come condimento e la morchia bruciata era un ricco concime, gli oli più pesanti davano luce alle lampade, mentre il suo legno prezioso poteva essere bruciato solo sull’altare degli dei. E così l’olivo si lega indissolubilmente al progredire della civiltà mediterranea.
L’ulivo venne così piantato in Italia meridionale e in Africa settentrionale e le coltivazioni già esistenti vennero ammodernate e ingrandite. Secondo Plinio l’Italia della metà del I sec. d.C. possedeva tanto ottimo olio e di poco prezzo da superare tutti gli altri paesi.
Il lavoro e la tecnica per la coltivazione, la raccolta e la produzione delle olive e dell’olio, lungo il corso del tempo, ha subito una lieve evoluzione, sino alle soglie della rivoluzione industriale e tecnologica. Uniche varianti sono state le situazioni storiche e i luoghi, comunque, attestati sulle coste dell’azzurro Mediterraneo.
Momenti decisivi, quali l’aratura, la potatura, la raccolta, si caricavano di comprensibili significati rituali e propiziatori legati alla fecondità della terra.
Sin dall’età classica, vi erano due procedimenti per macinare e pressare le olive. Le olive venivano macinate a mano in piccoli mortai e vasi fittili e poi schiacciate con pietre rotonde e torchiate da massi colonniformi che rotolavano sulla pasta. Un notevole progresso nella tecnica olearia fu l’utilizzo del torchio a vite in legno, che sarebbe stato inventato e utilizzato per la prima volta dai Greci intorno al 50 a.C.
Anche anticamente i romani erano degli abili osservatori e dei profondi conoscitori dell’arte olearia, al punto da adottare delle denominazioni chiare e distinte per ogni tipo di olio. Sulle mense romane, infatti, si faceva distinzione fra gli oli sapidi della Sabina e quelli leggeri della Liguria, mentre gli oli pesanti di Spagna e d’Africa erano utilizzati soprattutto per l’illuminazione.
Dopo un lungo periodo di grandi carestie, nel corso dei secoli, l’olivo si affaccia al secolo XIV da protagonista, raffigurato rivestito delle antiche simbologie nella splendida iconografia del tempo e il Rinascimento dove lo si trova, insieme alla vite, come gran protagonista dell’agricoltura. Il governo mediceo a Firenze darà impulso all’olivicoltura riservando gratuitamente grandi estensioni di terreno collinare alla coltivazione.
Il XVIII è il secolo d’oro per l’olivicoltura nazionale: l’Italia risulta essere la produttrice del miglior olio sul mercato europeo, tanto che durante questo secolo e nel successivo, si faranno sempre più estese le terre convertite all’olivicoltura, con ingenti investimenti di capitale che si fa sempre più impresa trainante dell’economia, dovuta anche all’ampliarsi del commercio verso paesi sprovvisti del prodotto.
Il XX secolo, con l’arrivo delle nuove tecnologie, ha visto notevolmente semplificato il lavoro di raccolta e di molitura, consentendo prezzi migliori ed una più rapida diffusione del prodotto.
Oggi l’olio di oliva è una pietra miliare nell’alimentazione mediterranea, guardato con sempre maggior rispetto dalla dietologia moderna. Progresso che ci ha insegnato ad usarlo con intelligenza dal momento che l’olio extravergine di oliva è il condimento sano per eccellenza.
I nostri antenati di questo ignoravano tutto, ma ne avevano fatto il condimento base della propria alimentazione, povera, sì, ma sana ed esaltata nei sapori e nei profumi dei prodotti della terra. Sapori e profumi che assimilano oggi, come allora, le diverse cucine di tutti i popoli che si affacciano sul Mediterraneo.
Fonte anapoo.it
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