COSENZA – Il percorso calabrozen è un viaggio che marcia su un doppio binario, fra la profondità del testo e la leggerezza del racconto visivo, in cui le immagini raccontano un cammino di ricerca, scoperta e ri-conoscenza verso la propria terra. Un viaggio che sa individuare e trasformare il segno delle cose e mettere l’amore dove non c’è. Un percorso magico che sgorga dai vapori dell’animo, che “scaccia la tristezza con una carezza, bacia la vita con due grandi labbra, stringe la notte con abra cadabra”. Un anelito, un’esortazione a combattere e a non farsi sopraffare dalla rassegnazione anche quando tutto sembra perduto, perché ogni perdita nasconde nuovi orizzonti.
Il videoclip
Diretto da Enrico Le Pera, il videoclip mescola sacro e profano lungo i confini della magia, con stile allegorico, ispirandosi al film Aléteia dello stesso regista, della cui colonna sonora il brano fa parte. E’ un fantasmagorico trasformatore made in Calabria, un magico marchingegno capace di cambiare tutto quello che trova sulla sua strada: l’ignoranza in conoscenza, l’indifferenza in sensibilità, il brutto in bello, la rassegnazione in speranza, l’odio in amore e la sfortuna in buona sorte.
Al timone di questa trasformazione una donna, simbolo anche di riscatto e portatrice di vita, pace e coraggio. Ma è una donna strana, un po’ saggia e un po’ pazza, dotata di particolari poteri magici, un incrocio tra una maga, una fata e una strega. Una “magara” come la chiamano in Calabria.
Sullo sfondo di una scenografia allegorica, costellata di abiti clowneschi, cappelli stralunati e stracci colorati, a creare un’atmosfera circense e carnevalesca che sembra uscita da un film di Fellini, la magara estrae conoscenza e saggezza da un vecchio pentolone annerito e fumante. E’ la “quadara” – come ancora la chiamano i calabresi – in cui si cuociono e si conservano le cose buone della tradizione. La magara ne fa dono ai musicisti affinché se ne prendano cura.
Il percorso calabrozen predilige le vie terrene, sociali e ambientali dei luoghi, dei colori, della terra, della gente, della storia, della natura, della bellezza, dell’allegria e dell’innamoramento sorprendente e magico, quasi romantico anche perché – a differenza di quanto avviene nella tradizione letteraria, persino epica – ad indicare la direzione è una donna.
Ma in filigrana affiora una visione più amara e pessimistica, in cui proprio l’idea di cambiamento attraverso la magia ne segna i reali limiti. Emerge la difficoltà di cambiare le cose in una terra disperata che sta sprofondando nel baratro e si affida a maghi, santoni e ciarlatani per curare l’anima malata. La magia degrada a palliativo di una coscienza che a parole vuole cambiare ma che di fatto fa poco o niente per realizzare tale mutamento. Sotto questa luce il videoclip sembra fare un’allusione alla gattopardesca politica calabrese pronta a cambiare bandiera ad ogni tornata elettorale per non cambiare niente, mantenendo così poteri e privilegi, incurante della sofferenza della gente.