Diffamazione a mezzo “social” Cassazione: l’offesa su Facebook è reato

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Con l’avvento della “net generation”, è cambiato il modo di relazionarsi. La rappresentazione sociale dell’individuo spesso dipende dalle informazioni che circolano sul web. La crescita esponenziale di condivisione di dati sensibili, immagini ed informazioni personali, attraverso i comuni social network, ha comportato la necessità di assicurare il pieno rispetto della propria e dell’altrui identità, anche su internet. E’ nata, dunque, una nuova figura giuridica meritevole di tutela, l’identità digitale o informatica, un’identità virtuale costituita dai dati personali, che acquistano rilevanza con la diffusione attraverso i comuni “social”. L’evoluzione tecnologica, infatti, ha reso semplice ed accessibile il meccanismo di invasione della sfera privata di un individuo. Diviene, dunque, essenziale evitare che altri violino i diritti tutelati dal nostro ordinamento, e fondamentale consentire ad ogni individuo di disporre del diritto di controllo sulle informazioni di carattere personale che altri possano assumere. Infatti, i dati personali di un individuo possono essere fatti confluire in banche dati, con diverse finalità e può, in tal modo, essere facilmente ricostruita la c.d. “personalità virtuale” di un individuo, attraverso le informazioni raccolte sul suo conto, una sorta di identità digitale che si sostituisce all’identità fisica nel web. Infatti, i contenuti creati dagli utenti e resi pubblici attraverso il mezzo telematico, costituiscono un potenziale veicolo di violazioni degli interessi di terzi ed una minaccia per diritti quali l’immagine, l’onore e la reputazione, la riservatezza, l’oblio. Come evidenziato da alcuni interpreti, infatti, l’utilizzo della rete, che per sua natura tende a connettere individui, formazioni sociali e istituzioni di ogni genere, pone questioni di non facile risoluzione, risolvibili solo con nuovi approcci al diritto, soluzioni mai adottate prima e in taluni casi non ancora individuate. Finanche la Cassazione è stata interpellata per la risoluzione delle nuove problematiche derivanti dall’utilizzo improprio dei “social”. Con la recente sentenza n. 50/2017, la Corte di Cassazione ha riconosciuto come l’offesa realizzata telematicamente, servendosi della bacheca pubblica di un soggetto, integri un vero e proprio reato. In particolare, la Suprema Corte con la sentenza n. 50/17 della sez. I Penale, nel confermare la competenza, nel caso di specie, del tribunale di Pescara, ribadisce che “la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca “facebook” integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595 terzo comma cod. pen., poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone; l’aggravante dell’uso di un mezzo di pubblicità, nel reato di diffamazione, trova, infatti, la sua ratio nell’idoneità del mezzo utilizzato a coinvolgere e raggiungere una vasta platea di soggetti, ampliando – e aggravando – in tal modo la capacità diffusiva del messaggio lesivo della reputazione della persona offesa, come si verifica ordinariamente attraverso le bacheche dei social network, destinate per comune esperienza ad essere consultate da un numero potenzialmente indeterminato di persone, secondo la logica e la funzione propria dello strumento di comunicazione e condivisione telematica, che è quella di incentivare la frequentazione della bacheca da parte degli utenti, allargandone il numero a uno spettro di persone sempre più esteso, attratte dal relativo effetto socializzante (Cass. n. 24431 del 28/04/2015). La circostanza che l’accesso al social network richieda all’utente una procedura di registrazione – peraltro gratuita, assai agevole e alla portata sostanzialmente di chiunque – non esclude la natura di “altro mezzo di pubblicità” richiesta dalla norma penale per l’integrazione dell’aggravante, che discende dalla potenzialità diffusiva dello strumento di comunicazione telematica utilizzato per veicolare il messaggio diffamatorio, e non dall’indiscriminata libertà di accesso al contenitore della notizia (come si verifica nel caso della stampa, che integra un’autonoma ipotesi di diffamazione aggravata), in puntuale conformità all’elaborazione giurisprudenziale della Suprema Corte che ha ritenuto la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 595 terzo comma cod. pen. nella diffusione della comunicazione diffamatoria col mezzo del fax (Cass. Sez. V n. 6081 del 9/12/2015) e della posta elettronica indirizzata a una pluralità di destinatari (Cass. Sez. V n. 29221 del 6/04/2011)”. Sarebbe riduttivo, dunque, declinare a meri strumenti ludici quelli comunicativi di massa: tutti i social network si fondano sull’elaborazione dell’identità virtuale di un individuo, tuttavia corrispondente a quella di un individuo reale. Di conseguenza, alla rappresentazione della reputazione di un soggetto, concorre direttamente anche quella sociale che di questi si ha in rete. Da un punto di vista giuridico, si può profilare una duplice problematica. La prima, sul versante del diritto alla privacy o alla riservatezza, in termini di protezione dei dati personali e dei dati sensibili, a seguito della violazione dell’art. 2 Cost., dell’art. 8 Cedu, dell’art. 8 Carta di Nizza, del Codice in materia di protezione dei dati personali d.lgs. 196/2003. La seconda, relativamente al bilanciamento tra diritto alla libera manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost. e il diritto all’onore. Col fine di tutelare i minori in rete, è recentemente entrata in vigore la Legge n. 71/2017 recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, diventata lo strumento normativo capo fila a livello Europeo dedicato al contrasto del fenomeno del bullismo on line. Non è, però, sufficiente, l’intervento normativo al riguardo: è possibile porre rimedio alla potenziale lesività degli strumenti comunicativi di massa solo attraverso l’uso consapevole dei “social”, da parte di adulti e di minori, e soprattutto attraverso l’informazione finalizzata alla conoscenza degli strumenti di tutela giuridica dei diritti dell’individuo, forniti dal nostro ordinamento, nell’ambito della rete e, soprattutto, della vita reale.

Avv. Lucia Boellis

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