L’art. 1, comma 346, della I. 30.12.2004 n. 311, stabilisce che “i contratti di locazione (…) sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati“. La chiara e inequivocabile lettera della legge non consente alcun dubbio sul precetto che esprime e cioè che un contratto di locazione non registrato è giuridicamente nullo.
Sulla base di tale premessa la Corte di Cassazione, Sezione Terza, con la sentenza pubblicata il 13 dicembre 2016 ha annullato la sentenza emessa dalla Corte di appello che da un lato aveva ritenuto valido, ma inefficace un contratto non registrato e dall’altro, che tale inefficacia del contratto non esimeva l’occupante dall’obbligo di pagamento del canone pattuito “come corrispettivo della detenzione intrinsecamente irripetibile”.
Ciò perché non risulta applicabile l’art. 1458 c.c., in quanto questa disciplina la risoluzione per inadempimento dei contratti di durata, e non gli effetti della nullità, i quali sono invece disciplinati dalle norme sull’indebito oggettivo, da quelle sul risarcimento del danno, ovvero da quelle sull’ingiustificato arricchimento, come misura residuale;
Inoltre, non risulta possibile equiparare l’obbligo di pagare il canone, scaturente dal contratto e determinato dalle parti, con l’obbligo di indennizzare il proprietario per la perduta disponibilità dell’immobile, scaturente dalla legge e pari all’impoverimento subito.
Con la sentenza richiamata, pertanto, sono stati sanciti due principi fondamentali:
- il contratto di locazione non registrato è nullo ai sensi dell’art. 1, comma 346, della I. 30.12.2004 n. 311;
- la prestazione compiuta in esecuzione di un contratto nullo costituisce un indebito oggettivo, regolato dall’art. 2033 c.c., e non dall’art. 1458 c.c.; l’eventuale irripetibilità di quella prestazione potrà attribuire al solvens, ricorrendone i presupposti, il diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., od al pagamento dell’ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.
Avv. Antonio Nappi