Era il lontano 7 agosto del 2001 quando la rivista Weekly Shonen Jump pubblicò il primo capitolo del manga Bleach, ideato e realizzato da Tite Kubo (39 anni). Ed ora, dopo 15 anni di pubblicazioni settimanali, siamo giunti al capitolo 686, l’ultimo.
Il titolo dell’opera vuol dire letteralmente “candeggina” in inglese, questo perché secondo Kubo il nome Bleach richiamava il significato della parola “white” (bianco, che doveva essere il titolo originale, ma scartato perché ritenuto troppo blando).
Visto il successo riscosso dal manga è stata creata anche una serie anime, composta da 366 episodi suddivisi in 16 stagioni. Ma il successo di Bleach non è rimasto solo nelle “mura” nipponiche, infatti anche in Italia è possibile reperire il manga grazie a Panini- Planet Manga. La Warner Bros ha inoltre acquisito i diritti dell’opera per realizzarne un film (questo perché Bleach è molto apprezzato nel Nord America e in varie parti d’Europa).
Ma cosa ha reso Bleach tanto famoso?
In questo titolo sono presenti molti stereotipi visti in altri Shonen, ma la bravura di Kubo è stata proprio nel rinnovare tali modelli ed adattarli alla sua trama. Introduce così una nuova tipizzazione di “Dio della morte” e creando una vera e propria società alle loro spalle (la Soul Society).
Anche il sistema dei power up è stato rivisitato grazie all’introduzione delle Zampakuto (spade degli Shinigami dotate di una propria anima e forma) capaci di effettuare due trasformazioni “Shikai e Bankai”, la prima rilascia solo una parte del potere della spada mentre la seconda ne libera totalmente la forza. Ma l’uso di tale potere è gestibile solo dagli Shinigami più potenti, infatti nella prima parte manga solo i 13 capitani della Soul Society sono in grado di rilasciare il Bankai.
Purtroppo non sono mancate anche le critiche all’opera, sopratutto per alcune scelte narrative di Kubo e la prevedibilità di alcuni eventi. Ma nonostante tutto l’autore non si è mai fermato, portando a termine la sua opera e deliziando i suoi fan, ora non ci resta che sperare che anche la sua prossima opera possa essere tanto entusiasmante quanto questa appena conclusa.
Carmine Aceto