Nel cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva… scusate, ho sbagliato inizio. O forse no?
Tutti, almeno una volta nella vita, ci ritroviamo ad un bivio che ci porta a dover effettuare delle scelte tra diverse vie e le domande sono sempre le stesse: dove andare? Chi o cosa seguire? Perché andare da una parte invece che da un’altra? La maggior parte delle volte passiamo molto tempo lì, a quel bivio, a rimuginare.
Quando ho intervistato Mario Veltri sapevo di avere davanti a me un uomo che ha effettuato molte scelte nella vita, spesso ardue e, ancora più spesso, amare. Stiamo parlando di un uomo che ha sempre saputo dalla nascita cosa avrebbe voluto fare “da grande”, un po’ come in un romanzo, sapeva dove voleva andare a parare e ha fatto di tutto per perseguire il suo sogno.
Questo suo obiettivo lo ha portato a girare il mondo più e più volte, a raccogliere esperienze, nozioni, a “stringere mani” e lo hanno portato lì dove si trova ora, ad uno dei gradini alti dell’illustrazione calabrese e italiana (anche se forse l’Italia non lo sa). Ma bando alle ciance, ecco la prima parte dell’intervista! Buona lettura.
Ti conosciamo attraverso il tuo portfolio e i tantissimi lavori che hai fatto, ma chi è Mario Veltri e come è diventato l’uomo che è ora?
Da bambino mi piaceva l’idea di diventare un disegnatore di fumetti, poi mi sono scontrato con una realtà, quella italiana, in cui o sei un genio dei fumetti e ti devi auto produrre con i tuoi soldi o devi diventare schiavo di una realtà più grande, in cui ti costringono a disegnare nel modo in cui vogliono loro. Non era quello che volevo fare. Mi sono iscritto ad una scuola di grafica e ad una di fumetto. Ho studiato entrambe le cose per lasciarmi due porte aperte e la libertà di esprimermi.
Quando ho finito le scuole, mi sono ritrovato con un bagaglio culturale che mi permetteva di fondere le due cose. Feci i primi esperimenti di digital painting, scultura digitale, disegno vettoriale… A quei tempi erano poco diffusi e trovare artisti che si approssimavano a quest’arte era difficile. Sono stato uno dei primi italiani ad apparire su siti come CG society, su riviste come Advanced Photoshop o su pubblicazioni come su Ballistic Publishing. Ci sono poi anche altre riviste a cui sono piaciuti i miei lavori in America e Inghilterra.
Al di là di questo, ho avviato la mia carriera da grafico entrando in Edizioni Master dapprima come grafico base, poi coordinatore di gruppo e infine direttore artistico, dove disegnavo nuovi progetti grafici e supervisionavo il lavoro di quattro gruppi di professionisti . Avevo circa 26 anni. Questo lavoro mi ha dato molte soddisfazioni, ma, se da una parte potevo condividere quello che sapevo aiutando gli altri a crescere, dall’altra mi rendevo conto che dopo 9 anni avevo appreso tutto quello che potevo dall’azienda in termini di formazione. Restare lì mi avrebbe fatto guadagnare sicuramente soldi, ma nulla di più in termini di nuove esperienze o competenze.
Quindi restare non ti avrebbe portato a progredire?
Esatto! All’azienda servivo come prodotto finito non come strumento in crescita e quindi, mio malgrado, ho lasciato quel lavoro per andare a Londra.
Cosa hai fatto una volta lì?
Iniziai a lavorare per un videogioco come unico Game Artist e, in contemporanea, avevo iniziato molte collaborazioni con un’azienda di nome Eco-Mind, che mi ha messo in contatto con Pirelli, Mediolanum, Enel e altre grosse aziende dove ho impiegato le nozioni per applicazioni corporate, dispositivi mobile e disegno di interfacce grafiche… é comunque un lavoro che continuo a fare tuttora! Ho contatti con le aziende e c’è una reciproca fiducia lavorativa. Avere un cliente serio e duraturo è una cosa fondamentale secondo me.
E dopo Londra? Cosa hai fatto?
Dopo l’esperienza londinese mi sono reso conto che mi mancava qualcosa, avrei voluto conoscere di più sull’animazione digitale. Quindi ho fatto i bagagli e sono andato all’Animation Workshop in Danimarca, dove ho sostenuto un corso di animazione 3D e altri in cui c’erano docenti della Pixar e professionisti di un certo livello. Subito dopo sono andato in Repubblica Ceca per un corso di rigging avanzato e poi di volata in Norvegia a mettere in pratica quello che avevo imparato fino a quel momento.
Hai visitato molti posti diversi! Sei tornato in Italia dopo?
Si, dopo aver lavorato in una digital agency sono tornato in Italia e ho fatto il Free-Lance per qualche anno grazie ai contatti che avevo maturato. Sono stato un libero professionista praticamente fino ad ora! Ma non sono stato con le mani in mano. Attraverso Eco-Mind sono riuscito a lavorare con grandi aziende come la Nespresso, ma forse il mio picco più alto, da libero, l’ho raggiunto lavorando per la Ubisoft. Ricordi anno 1404? Beh, molti suoi aspetti grafici, tra cui l’icona dell’app, sono opera mia. Successivamente sono tornato in Danimarca dove ho studiato effetti speciali. Questo mi ha aiutato molto a lavorare con i video e ad utilizzare quello che già sapevo in un ambito in cui prima non riuscivo ad esprimermi come volevo. Quindi ho lavorato a compositing, rendering fotorealistici, tracciamenti di camera e ora, dopo questo lungo periodo di studio, mi ritrovo la possibilità di poter lavorare in una software house in Germania.
Sono molto felice di avere una possibilità come questa anche perché la vedo come una sfida in cui mettermi alla prova utilizzando le conoscenze e le abilità che ho raccolto fino ad ora.
Beh, questa è la mia storia! Almeno fino ad oggi.
Daniele Ferullo