Haiku, genere letterario Giapponese con cui i poeti creano in tre versi una cristallizzazione dell’attimo di una sensazione. Un’arte che vede il suo più fiorente sviluppo durante il periodo Edo (1603-1868) e che ancora oggi descrive le suggestioni del momento con riferimento alle stagioni e al contatto umano con la natura.
Questa antica arte, ancora in fiorente attività nel paese del Sol Levante, è arrivata anche in Italia. Abbiamo avuto l’occasione di leggere alcuni haiku trasportati nella nostra realtà, lontano dai sakura (alberi di ciliegio giapponesi), scritti dalle mani di Francesco Vitale, giovane autore di 23 anni laureato in Comunicazione e Dams all’Università della Calabria, per la sua prima pubblicazione dal titolo “Una Storia dei Giorni che passano” (edito da Coessenza).
Il primo componimento e l’ultimo, presenti all’interno del libro, accolgono e infine congedano il lettore, preparandolo alla conoscenza più intima dei pensieri dello scrittore stesso:
“Nel vuoto di un foglio
vedo parole
bianche intorno”
Abbiamo appena aperto le pagine inchiostrate da Vitale e leggiamo pochi semplici versi che ci predispongono ad ascoltare parole bianche, ancora non scritte, ideali.
“Chiudo dicendo
quello che non so dire
futuro”
Un percorso che ferma i suoi passi davanti ad una porta spalancata, che ha ancora altro da raccontare, ma che ci lascia nell’attesa di un altro percorso da leggere mano nella mano con l’autore.
Un libro molto interessante, che cattura attimi e immagini in grado di coinvolgere le generazioni odierne. Quelle che viaggiano e percorrono la propria strada verso il cambiamento, accogliendo nel cuore in maniera solida il rapporto con il proprio luogo d’origine, senza tralasciare un pizzico di nostalgia.
“La Pioggia cade
da pezzi di cielo
di una tela perduta”
Miriam Caruso