Stranger Things è ormai una di quelle serie che trascendono le immagini su schermo.
L’arrivo degli 8 nuovi episodi di Stranger Things ha infatti portato uno tsunami temporale che ci ha lasciato nella risacca con abiti, musica e luci degli anni ‘80. Oltrepassando, però, la barriera della moda ed entrando nel nostro bunker anti-bombardamento mediatico, com’è la nuova stagione della serie creata dai dei Duffer Brothers?
LA STORIA
Fin da subito saltiamo sul trampolino del tempo e ci tuffiamo negli anni’80: costumi, acconciature e atteggiamenti tipici ci accolgono a braccia aperte, mostrandoci il contesto ambientale della serie. I nostri amati protagonisti sono proprio come li avevamo lasciati ma più alti: Mike e Undi insieme, Lucas e Maxine, Dustin di ritorno da un campo estivo e così via. Tutto sembra tranquillo fino a quando i magneti di casa Byers crollano sul pavimento e Will inizia ad avere delle cattive sensazioni.
L’orrore è tornato.
La storia raccontata in questa stagione si delinea strutturalmente come le due precedenti: più storie parallele svelano il problema sotto aspetti e sfaccettature diverse. Da qui uno dei primi miglioramenti rispetto alle precedenti stagioni: le storie omaggiano i generi diversi famosi negli anni ‘80, passando quindi dall’horror del gruppo dei ragazzi al thriller di Hopper e Joyce fino alla fantascienza di Dustin e alla detective story di Nancy e Jonathan.
UN RACCONTO CORALE
Tutte e quattro le storie sono presentate perfettamente, senza una nota discordante o superficialità. Gli elementi inseriti vengono spiegati, i nodi vengono al pettine e niente è lasciato al caso o in sospeso. Una delle pecche di Stranger Things però è che sembra che non tutti i personaggi riescano a proseguire in un cammino di maturazione. Diciotto personaggi sono tanti da gestire e se anche nella storia sono tutti presenti e funzionali, singolarmente perdono di spessore o hanno parti minori rispetto alle stagioni precedenti. Mi riferisco soprattutto a Lucas Sinclair che resta identico dall’inizio alla fine senza un progresso psicologico e viene messo in ombra perfino dalla sorella che, invece, tiene banco in molte scene attraverso il suo carattere, sbocciando come personaggio dal ruolo secondario della seconda stagione a quello da coprotagonista in questa.
Altro personaggio che mi ha sorpreso è Will Byers che da bambino che ha subito il peggio nella prima stagione, in questa terza è capace di momenti drammatici e di rivelazione fino alla scoperta del segreto che tutti avevamo pensato fin da metà della seconda stagione.
Come Lucas, anche Mike e Dustin hanno una crescita minima restando per lo più identici dall’inizio alla fine degli eventi e, nel caso di Mike, anche delle stagioni. Lo spazio riservato alla nostra supereroina Undi è questa volta più ampio: la ragazzina affronta le grandi mancanze della sua vita fino ad acquisire una sua personalità, maggiormente decisa e responsabile.
DEMOGORGONE, MIND FLAYER… E ORA?
Le nemesi di questa stagione sono impegnative e danno parecchio filo da torcere ai protagonisti e ai comprimari. Resta la struttura a doppia nemesi con un “esterno” e un “interno” come nelle due stagioni precedenti, ma questa volta si pone in maniera adulta senza cadere nel trash. Questo può essere un fattore positivo o negativo a seconda dello spettatore. La perdita del tipico trash da film di serie B fa decadere quell’aspetto paradossale e comico delle vicende, ma credo che i Duffer questa volta abbiano voluto puntare su di un lavoro più maturo e memorabile e ci sono riusciti a pieni voti.
ATMOSFERE ANNI ’80 TRA MUSICA E LUCI
Quando Netflix decide di sostenere un progetto attivamente con cospicui investimenti, le sue opere riescono a crescere esponenzialmente e Stranger Things ne è un esempio. Il comparto tecnico è migliorato in tutti i campi: dalla computer grafica al montaggio, tutti i settori hanno fatto tesoro delle esperienze passate arrivando a un livello eccellente.
Quello che ci salta subito all’occhio è la fotografia. Nelle altre stagioni era curata, ma a volte le scene avevano dei problemi con le luci dando una sensazione di “finto”. Grazie a un maggiore realismo, alle luci al neon e alle ambientazioni, la fotografia ha subito in questa stagione un’impennata qualitativa, resa poi ancora più mirabile dalle scelte di montaggio che deliziano con transizioni e suspence.
La colonna sonora di Michael Stein e Kyle Dixon si riconferma iconica per la sua esecuzione e pertinente alle scene. Allo stesso modo le scelte delle canzoni da citare da parte dei Duffer Brothers che ci allietano con pezzi come Material Girl di Madonna e Wake Me Up Before You Go Go dei Wham!.
Per quanto riguarda gli easter eggs, ce ne sono e sono ancora più complessi delle altre stagioni. Oltre alle molteplici scene di film nel cinema, abbiamo citazioni a Terminator, La storia infinita, Gremlins, Shining, a volte con un poster altre con riproduzione di scene ed omaggi più diretti.
IL PUNTO
Questa stagione di Stranger Things mi ha tenuto allo schermo dall’inizio alla fine. È un binge-watching caleidoscopico che racconta ogni fase in maniera eccezionale e fruibile. Il miglioramento dalla seconda stagione si percepisce subito e anche se l’interpretazione degli attori della prima è forse migliore (come anche il tempo a loro dedicato), questa terza è riuscita ugualmente nell’ardua missione di innovare e sorprendere.
Insomma, al momento è forse una delle serie più riuscite di questo 2019!
Voto: 9
Daniele Ferullo
https://youtu.be/XcnHOQ-cHa0