LOCRI (RC) – Sono trascorsi esattamente 20 anni dalla tragica morte di Nicholas Green, il bimbo americano rimasto ucciso durante un feroce tentativo di rapina sull’A3, e dal gesto inaspettato e straordinario dei genitori di donare gli organi del figlio. Un esempio di altruismo che ha aperto, anche in Italia, la strada per sfatare il tabù dell’espianto e del trapianto.
Un argomento delicato che purtroppo ancora oggi incontra numerosi ostacoli e opposizioni. Ostacoli che nascono principalmente dall’ignoranza, ovvero dalla mancanza di informazioni e da nozioni distorte e confuse. Non è mai facile affrontare la morte e i discorsi ad essa legati, soprattutto se si considerano da un punto di vista etico ed emotivo. Ma proprio da qui nasce l’esigenza di ribaltare la prospettiva, ovvero vedere la morte come nuova fonte di vita, come occasione di rinascita per altre persone che soffrono.
Un lavoro certosino e capillare è quello svolto dalle organizzazioni di volontariato che si occupano del tema, tra tutte l’AIDO, l’Associazione Italiana per la Donazione di Organi, tessuti e cellule, impegnata da tempo e su tutto il territorio nazionale per diffondere una corretta cultura della donazione.
Da qualche mese è stato riattivato a Locri un nuovo Gruppo Comunale che ha scelto la giornata di ieri per presentarsi alla cittadinanza e alle istituzioni locali organizzando un momento informativo e di confronto presso il Palazzo della Cultura, moderato dal Presidente Vito Aversa con la partecipazione del Presidente provinciale Francesco Mammola.
“Donatori di organi, Donatori di vita!” il titolo scelto per questo incontro domenicale, nel corso del quale Francesco Adamo, Direttore dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale di Locri, e Pellegrino Mancini, Direttore del Centro Regionale Trapianti, hanno saputo spiegare con chiarezza e precisione le procedure mediche legate alla donazione di organi, ma soprattutto la completa sicurezza in cui tali operazioni vengono svolte, per la tutela del donatore e del ricevente. La legge italiana e la scrupolosità del personale medico sull’accertamento della morte non lasciano il minimo spazio a dubbi o incertezze. Ciò non basta però a garantire risposte adeguate e sufficienti per tutti coloro che si trovano nelle liste d’attesa: 8828 i pazienti calcolati in Italia al 31 dicembre 2013.
Numeri da capogiro se si prova ad immaginare le persone che ci sono dietro, la loro sofferenza ed il rischio quotidiano a cui sono sottoposte. Eppure le paure e le obiezioni rimangono tante – così come dimostrato anche dalla scarsa presenza di pubblico all’incontro – e fa rabbia pensare che spesso tanto scetticismo è del tutto infondato. Non si sceglie di essere malati, ma si può scegliere di fare la propria parte per il bene di altri, compiendo un gesto gratuito di generosità e di solidarietà disinteressata.
Informarsi, informare e formare devono essere dunque le parole chiave che guidano l’operato dei volontari per invertire la rotta e tendere a registrare numeri positivi.
Mariacristiana Guglielmelli