COSENZA – Le proibitive condizioni climatiche che in questi giorni stanno interessando le coste joniche non hanno impedito a nuovi gruppi di migranti di avventurarsi per mare. É di queste ore il salvataggio di un barcone al largo di Crotone. Con il maltempo e le mareggiare invernali cresce in modo esponenziale il rischio di non toccare mai quelle terre di salvezza, eppure è così forte il bisogno di scappare e la necessità di costruire un futuro migliore.
Un flusso di disperati che sembra ininterrotto e interminabile, senza tregua. Situazioni che si ripetono da anni, come immagini di un proiettore incantato. Tanto che nel 2011 era stato approntato, a livello nazionale, un Piano per l’accoglienza dei migranti con cui la Protezione civile potesse fornire le risposte operative all’emergenza umanitaria in corso. Un programma elaborato per far fronte all’impatto di 50.000 arrivi, da smistare sull’intero territorio nazionale, ma che in realtà – secondo i dati forniti dallo stesso Ministero dell’Interno – si è trovato a fronteggiare circa la metà delle persone. Emergenza ritenuta poi improvvisamente superata e rientrata nell’ordinario a partire dall’inizio di quest’anno.
Cosa vuol dire allora proclamare uno stato d’emergenza? Come si sono strutturate le misure messe in atto dagli organismi di Protezione civile e dalle Regioni? Quali sono stati i risultati conseguiti da queste misure? Quali reali benefici ed opportunità hanno avuto i soggetti coinvolti? Intorno a questi e ad altri quesiti si sono ritrovate a riflettere alcune persone che abitualmente si interessano ai temi dell’immigrazione e dell’accoglienza e dei diritti umani, dando vita ad un gruppo eterogeneo e variegato che ha promosso la campagna “Mai più ENA (Emergenza Nord Africa)”.
Un lavoro nato dalla volontà di capire e approfondire, partito con un dettagliato e preciso studio delle normative ed arricchito dalla diretta conoscenza delle strutture d’accoglienza calabresi e delle condizioni dei migranti che le occupano. L’analisi dei numeri e il calcolo delle spese si combina strettamente con le soluzioni proposte e adottate. Ne esce un quadro desolante e disarmante di una realtà deformata e distorta. Un intrecciarsi di interessi politici ed economici giocati sulla pelle dei migranti che lascia poco spazio alle esperienze virtuose di efficace integrazione. Ai buoni esempi proposti da Giovanni Manoccio, sindaco di Acquaformosa, e di Domenico Lucano, sindaco di Riace, si contrappone l’ordinaria follia dei centri di Rogliano, Falerna, Amantea, ecc. Strutture che i promotori della campagna non esitano a definire come carceri o preludio ai lager, in cui sono stati stipati senza alcun criterio logico persone di ogni età e provenienza, con storie e problematiche talmente diverse tra loro da disegnare uno spaccato quasi surreale di umanità. Strutture che tendono ad annullare la dignità umana, date in gestione a soggetti non sempre adeguatamente preparati per venire incontro alle reali necessità degli ospiti.
E la situazione non è certo migliorata con la fine della cosiddetta Emergenza Nord Africa. 500,00 euro la somma concessa a tutti i richiedenti asilo e una settimana di tempo per trovare una diversa sistemazione. Persone allo sbando, il più volte senza documenti, schiacciati da una burocrazia cinica e da una indifferenza dilagante. La commozione che accompagna le tragedie delle carrette del mare sembra svanire di fronte a coloro che sopravvivono e che devono affrontare poi la quotidianità in terra straniera. La campagna “Mai più ENA (Emergenza Nord Africa)” si pone dunque l’obiettivo di creare strumenti efficaci per lo sviluppo di una coscienza critica sulla questione immigrazione. Magari partendo dalle scuole e dalle nuove generazioni, per smentire le false informazioni e decostruire gli sterili pregiudizi.
Mariacristiana Guglielmelli