COSENZA – In vista del conferimento della laurea honoris causa a Vandana Shiva – che si terrà domattina all’università della Calabria – Ateneo Controverso ha voluto anticipare l’atteso evento con un incontro propedeutico. Globalizzazione, sovranità alimentare ed ecologia sociale i temi scelti.
L’aula 16c sembra quasi impreparata a questo appuntamento. Molti gli studenti che sono presenti perché incuriositi dalla presenza dell’attivista indiana, ma il pubblico si colora presto anche di volti estranei all’ambiente universitario.
Si parte con la proiezione di un video. “La dea ferita” – di Werner Weick e Marilia Albanese – è un documentario prodotto quasi 20 anni fa, che presenta ancora oggi l’attualità di un sistema economico globale poco sostenibile e poco democratico. In un’ora di filmato si concentra buona parte del pensiero e delle battaglie di Vandana Shiva, premiata nel 1993 con il Right Livelihood Award, il Nobel per la Pace alternativo. Partendo dalla figura della Dea Madre, Durga, così cara alla cultura e alla spiritualità indiana, si dipana la storia della lotta continua tra bene e male, che si concretizza nella lotta tra vita e morte, tra naturale e artificiale. La divinità ha le sembianze femminili perché rappresenta la natura e la forza generatrice. Ma è anche espressione di tutte le donne che assumono il ruolo di custodi e testimoni della vita. Vita che nasce dalla terra. Una terra troppo spesso martoriata e dilaniata da interventi umani invasivi. È il caso delle multinazionali che incidono pesantemente sulle scelte agricole dei diversi paesi, creando monocolture che distruggono la diversità ambientale e la stessa sopravvivenza dei popoli. Un ciclo vizioso che porta povertà e malattie, mascherate da ricchezza e successo. L’uso massiccio di monocolture o di organismi geneticamente modificati, ad esempio, se da un lato garantisce rese agricole elevate, dall’altro altera gli equilibri del territorio e costringe ad usare pesticidi che sono nocivi per la salute dell’uomo e degli animali.
Il documentario descrive nei dettagli le conseguenze degli interventi delle multinazionali sulla vita economica e sociale dell’India, introducendo i temi della biodiversità, dei beni comuni, della salvaguardia della natura e dell’agricoltura legata ad essa, dell’importanza del ruolo delle donne, di una sana alimentazione.
Parole e immagini di popoli e luoghi lontani che sembrano comunque molto vicini alle nostre realtà. Situazioni che, nelle pur evidenti diversità di contesto, ben si possono adattare ai nostri territori. La soia che soppianta le coltivazioni autoctone dell’India può fare pari con l’abbandono delle nostre terre e l’estinzione di alcune antiche varietà di frutti.
Quando arriva il turno di Vandana Shiva l’attesa è cresciuta ormai a dismisura. Il tempo a disposizione con lei è poco, ma si concede ugualmente all’interesse e alla sete di sapere dei presenti. C’è chi chiede delucidazioni sulle opportunità offerte dalle nuove tecnologie. «Non necessariamente le nuove tecnologie devono essere positive, lo si vede bene nel caso degli ogm o dell’energia nucleare: non si può usare la nuova tecnologia come stratagemma di bullismo verso i popoli», risponde con precisione.
C’è chi si sofferma sul conferimento della laurea ad honorem da una terra come la Calabria ai margini della globalizzazione e dello sviluppo. «Il margine di ieri è il centro del futuro», esordisce con voce sicura e pacata, proseguendo con l’idea della necessità di riappropriarsi delle peculiarità di ogni luogo sfruttandone potenzialità e caratteristiche proprie, dando centralità alla conoscenza.
C’è chi ancora pone l’accento sulle nuove forme di patriarcato che, a detta di Vandana Shiva «si può combattere e sconfiggere solo praticando il rispetto per ogni forma di essere vivente». E di certo non può mancare il riferimento al caso Novartis e alla vittoria dei diritti sulle logiche di mercato.
Nel dibattito serrato e incalzante rientrano anche tematiche come quella della green economy, della dignità del lavoro, della conoscenza, della sovranità alimentare, dell’immigrazione come «conseguenza di economie non sostenibili», ma sopratutto un riferimento costante viene fatto al potere della democrazia e della partecipazione civica.
L’incontro è giunto alla fine. Vandana Shiva lascia la platea su note di speranze per una possibilità di cambiamento, per la costruzione di un’economia che punti al benessere delle persone più che allo sviluppo ad ogni costo. Ma l’appuntamento prosegue domattina in Aula Magna.
Mariacristiana Guglielmelli